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Maradona a Sant'Anna di Palazzo: il murales di Stikki Peaches

E' apparso qualche giorno fa un poster di Maradona a Sant'Anna di Palazzo, nei quartieri spagnoli, a Napoli. Niente di nuovo, direte, i vicoli pullulano di rappresentazioni del D10s. Questa volta si tratta di un murales di Stikki Peaches, street artist canadese, che aveva già lavorato a Napoli - ricordiamo il poster di Sofia Loren in vico Zuroli, ormai strappato. 
Stikki Peaches, originario di Montreal, in Canada, debutta nelle strade della sua città,  per poi proseguire con New York, Toronto, Stoccolma, Berlino, Los Angeles, Londra. I suoi non sono semplici poster, ma opere di paste-up o collage, con utilizzo di materiali di riciclo. 
Il suo motto è "What if art ruled the world?" (E se l'arte dominasse il mondo?"), con il quale auspica l'abilitazione dei conflitti e dei disastri a livello mondiale, proprio attraverso un "governo dell'arte".
Stikki Peaches ha portato nei vicoli icone del mondo dello spettacolo, attori, calciatori, artisti del passato. Li ha integrati nel tessuto urbano.
A Napoli, poi, ha scelto di concentrarsi con due grandi icone della storia partenopea. Tempo fa, infatti, realizzò un ritratto di Sofia Loren, a Forcella, in vico Zuroli. Quell'opera è stata purtroppo distrutta dal passare del tempo. A Sant'Anna di Palazzo, poi, proprio accanto alla chiesa, ha realizzato un ritratto di Diego Armando Maradona, il calciatore più famoso del mondo, deceduto il 25/11/2020. Il suo volto è arricchito di alcuni particolari, come la data di nascita (1960), scritta in numeri romani, la data del primo scudetto vinto dal Napoli (1986), un cuore con il nome della moglie del calciatore, Claudia, e altre cose. 
Il murales si trova tra l'entrata della chiesa di Sant'Anna di Palazzo e un autolavaggio, al di sotto di un'edicola sacra. 
Lo street artist, inoltre, è attualmente a lavoro per realizzare un altro ritratto di Sofia Loren, non distante da quello di Maradona, come si può vedere sul suo profilo Instagram.




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Il primo murales di Maradona nei quartieri spagnoli: la storia di un mito

Largo degli artisti, murales dedicato a Diego Armando Maradona.
Risale al 1990, anno del secondo scudetto vinto dalla squadra di calcio del Napoli. Fu eseguito, il murales, da un giovane ragazzo di 23 anni, Mario Filardi, proprio per festeggiare la vittoria. All'epoca, la street art non era molto diffusa a Napoli, e gli strumenti a disposizione erano pochi. L'illuminazione era scarsa, quindi Mario fu aiutato dai fari delle auto. La finestra che vedete, in tutte e due le immagini sul volto di Maradona non c'era ancora, e Mario riuscì a completare il suo murales. Il valore estetico non era eccellente, ma quello simbolico sì: da quel momento, tutti i napoletani avrebbero avuto un luogo di culto, dove poter ammirare l'opera dedicata a chi aveva realizzato il loro sogno, e cioè la vittoria dello scudetto, un grande riscatto per la città partenopea. 
Maradona aveva dimostrato che anche chi veniva da un ambiente umile poteva diventare un campione. Grazie a lui, Napoli era al centro del mondo. 
Era anche il sogno dello street artist Mario Filardi, probabilmente, che già da giovanissimo era andato in giro per il mondo a fare il cameriere, per non gravare sulla spesa economica della sua famiglia. Ma gli piaceva dipingere, era bravo, e quando il Napoli vinse lo scudetto, i ragazzi dei quartieri chiamarono lui, per onorare il campione. 
Mario, su una scala di fortuna, disegnò il corpo di Maradona, ma non realizzò i piedi, chissà se perché si accorse troppo tardi di aver terminato lo spazio, oppure perché voleva lasciarli all'immaginazione dei napoletani. 
Dopo qualche tempo, uno degli inquilini del palazzo decise di aprire una finestra abusiva proprio sul volto del murales di Maradona: potete immaginare il disaccordo degli abitanti del quartiere! Il destino della finestra fu quello di restare chiusa, ma intanto la sua costruzione aveva provocato dei danni al murales, e quindi dovette intervenire Salvatore Iodice, un ragazzo dei quartieri, oggi noto ai più per il laboratorio di riciclo Miniera. Salvatore disegnò nuovamente il viso del campione; anche in questo caso, un'opera di non particolare bellezza, ma almeno Maradona aveva riconquistato un volto. 
Quando, poi, nel 2017, l'artista argentino Francisco Bosoletti venne a Napoli, nei quartieri spagnoli, per realizzare la sua "Iside" proprio sull'edificio accanto al murales di Maradona, gli chiesero di rifare il volto sulla finestra. Ed ecco che, come risultato, si ottenne un'espressione più simile a quella reale.  
Dopo la morte del d10s, come viene chiamato dai napoletani, il largo degli artisti è diventato un punto di incontro ancora più importante non solo per tutti i tifosi del Napoli, ma anche per coloro che vogliono essere testimoni dell'amore che i napoletani hanno provato e provano, tutt'oggi, nei confronti di colui che è stato il miglior calciatore di tutti i tempi. 
E' proprio lì che, subito dopo la morte di Maradona, molti dei napoletani sentirono il bisogno di recarsi, è da lì che partì la fiaccolata per onorare il nostro eroe. In pochi metri quadrati è raccolto tutto l'amore, la fede calcistica, la volontà di riscatto, le emozioni della vittoria e il dolore per una delle perdite che la città non ha ancora superato. 
*************************************************************************************************
Largo degli Artisti, mural dedicated to Diego Armando Maradona, dates back to 1990, the year of the second championship won by the Neapolitan football team. The mural was painted by a young 23-year-old boy, Mario Filardi, in order to celebrate the victory. At the time, street art was not very widespread in Naples, and the tools available were few. The lighting of roads was poor, so Mario was helped by the car headlights. The window you can see in both images on Maradona's face was not there yet, and Mario was able to complete his mural. The aesthetic value was not excellent, but the symbolic one, of course it was: from that moment, all Neapolitans would have had a place of worship, where they could admire the work dedicated to the hero who had realized their dream, namely the victory of the championship, a great redemption for the Neapolitan city. Maradona had shown that even those who came from a humble background could become a champion. Thanks to him, Naples was at the center of the world. It was also the dream of street artist Mario Filardi, probably, who had already gone around the world as a waiter at a very young age, so as not to burden his family's economic expenses. But he liked to paint, he was good, and when Napoli won the championship, the boys from the neighborhoods called him, to honor the champion. Mario, on a makeshift scale, drew the body of Maradona, but did not draw his feet, probably because he realized too late that there was no space available anymore to draw the mural, or because he wanted to leave them to the imagination of the Neapolitans. After some time, one of the tenants of the building decided to open an abusive window right on the face of the Maradona mural: you can imagine the disagreement of the inhabitants of the neighborhood! The fate of the window was to remain closed, but in the meantime its construction had caused damage to the mural, and therefore Salvatore Iodice, a neighborhood boy, now known to most for the recycling laboratory "Miniera", had to intervene. Salvatore drew the champion's face again; also in this case, a work of no particular beauty, but at least Maradona had regained a face. Then, in 2017, the Argentine artist Francisco Bosoletti came to Naples, in the Spanish quarters, to create his "Isis" right on the building next to the mural of Maradona, they asked him to redo the face on the window. And here, as a result, an expression more similar to the real one was obtained. After the death of the d10s, as it is called by the Neapolitans, Largo degli Artisti has become an even more important meeting point not only for all Napoli fans, but also for those who want to be witnesses of the love that the Neapolitans have felt and they still feel against the one who was the best footballer of all time. It is precisely there that, immediately after the death of Maradona, many of the Neapolitans felt the need to go, it is from there that the torchlight procession to honor our hero started. In a few square meters you will be able to find all the love, the football faith, the desire for redemption, the emotions of victory and the pain for one of the losses that the city has not yet overcome.


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San Spiga e il culto di Maradona nei quartieri spagnoli

"I quartieri spagnoli sono il barrio di Diego". Per questo motivo, Santiago Spigariol - in arte San Spiga - decide di far rivivere le immagini più belle della storia del goleador proprio lì, nei vicoli dei quartieri. San Spiga è uno street artist argentino, che nel 1986, quando Maradona realizza quello che negli anni a venire verrà chiamato "la mano de Dios", ha poco più di dieci anni, ma non resiste alla tentazione di venire a Napoli ad attaccare nei vicoli un poster dell'immagine di Diego che colpisce il pallone con la mano. Aveva portato così l'Argentina alla vittoria, nei mondiali del 1986, contro l'Inghilterra, ai quarti di finale. L'arbitro non se n'era accorto, e Maradona commentò l'accaduto dicendo che quella mano era stata la mano de Dios...
Mentre stava attaccando il poster, San Spiga viene avvicinato da un ragazzo, Fabio, che lo porta a vedere il #murales di Maradona in via De Deo, quello che copre l'intera facciata di un palazzo. Nasce così un'amicizia, tra Fabio, Santiago e Salvatore Iodice di MINIERA .
Nel 1987 il Napoli, con Maradona, vince il suo primo scudetto. La gioia dei napoletani è incontenibile, Maradona diventa l'idolo degli ultimi.
San Spiga ci torna, a Napoli, e nei quartieri, nel 2017, alla vigilia del trentennio da quello scudetto, e, con la collaborazione di Salvatore Iodice, tappezza i muri dei vicoli con le immagini di colui che aveva regalato agli scugnizzi il più grande dei sogni: quello di vincere. Quello di diventare, da "ultimi", i primi. Se girate per i quartieri spagnoli, ne trovate tante, di queste immagini della vita del goleador. Si tratta, per la maggior parte, di fotografie di Sergio Siano, che lo street artist argentino ha tramutato in poster. 
E sembra che Diego sia ancora lì, a palleggiare felice come un bambino.

Ipazia, l'eroina dei quartieri spagnoli


Il murales in foto si trova sulla facciata del Palazzetto Urban , nei quartieri spagnoli , ed è opera di MP5 , una street artist napoletana. Mp5 è anche un'illustratrice e una scrittrice. Ha scritto, infatti, tre libri. Fortemente legata al teatro di ricerca, si è spesso finalizzata sull'identità di genere, prediligendo tematiche queer e femministe. Il murales in foto si chiama The care of knowledge, e riproduce Ipazia d'Alessandria, una scienziata, filosofa e astronoma vissuta tra il IV e il V secolo d.C. Inventò anche l'astrolabio piatto, lo strumento che si vede nel murales e che serviva per calcolare la posizione dei corpi celesti. Ipazia aveva un circolo di allievi, e, proprio perché considerata una donna "pericolosa", perché molto carismatica, fu assassinata da alcuni cristiani, che la colpirono a sassate. Ipazia è una martire della ricerca scientifica e del bieco maschilismo. Per questo motivo è stata scelta dall'artista proprio per decorare la facciata di un edificio che contiene una libreria gender e molti documenti del movimento femminista nazionale e internazionale. L'edificio, inoltre, funziona anche come centro antiviolenza, dove si riuniscono molte donne vittime di soprusi. È stato proprio il centro a chiamare l'artista per commissionarle un murales. Il fatto che l'opera si sviluppi sull'intera facciata risponde alla volontà del committente e probabilmente anche dell'artista di far sì che l'opera non venga cancellata o deturpata, come spesso accade a murales di più piccole dimensioni.



La sirena Ciaciona: la street art di Trallalà

Il murales è opera di Alfonso De Angelis, in arte Trallallà. L'icona della ciaciona, che si presenta sia sotto forma di donna, che sotto forma di sirena, è ormai frequente, sotto forma di poster, soprattutto nel centro storico di Napoli.
Lo street artist riproduce una donna, in pose spesso osé, con uno sguardo accattivante e seducente e dalle forme abbondanti. La sirena è un'icona classica della città di Napoli, che secondo la mitologia greca fu fondata proprio dalla sirena Partenope. Le sirene di cui Omero parla nell'Odissea, in realtà, non somigliavano alle creature paradisiache che immaginiamo oggi. Erano metà donne e metà uccelli rapaci, e cercavano di attirare i marinai con l'inganno del loro canto. La sirena ha poi cambiato aspetto nell'immaginario medievale, e da allora viene rappresentata come metà donna e metà pesce.
Trallallà, pur riprendendo un'iconografia comune nell'immaginario partenopeo, la priva dei canoni a lei generalmente assegnati. La sirena diventa grassa, ostentatrice delle sue forme. Anche sottoforma di donna, la ciaciona non si risparmia. Qui, però, è raffigurata con l'aureola, come se fosse una santa, ma i suoi atteggiamenti dicono tutt'altro. La ciaciona non è una santa. Provoca, stavolta non con il suo canto, ma con il suo aspetto, pur così diverso da quello convenzionale. Un po' come dire: "non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace", insomma.
La sirena riporta, oltre alla firma di Trallallà, anche la dicitura "save the mermairds" (salva le sirene). Da cosa devono essere salvate, le sirene? Omero racconta che fu Ulisse, resistendo al loro canto, a decretarne la morte. Le sirene, disperate, si gettarono infatti in mare, e la nostra Partenope, col suo corpo esausto nell'antica Megaride, fondò quella meraviglia che è la città di Napoli. Salviamole, dunque, dal pericolo dell'amore? Perché a furia di voler provocare, a furia di voler scherzare con il fuoco, alla fine ci si brucia? Ma la sirena ciaciona ha anche un'altra massima, sulla punta della coda: memento vivi. L'ennesimo rovesciamento del tradizionale "memento mori" (ricordati della morte, che devi morire), che pur veniva accompagnato dall'icona del teschio. "Ricordati che si vive" è la massima suggerita dalla sirena ciaciona. E, tutto sommato, il senso è simile al tanto ripetuto memento mori, presente in tutte le culture, da quella classica a quella cristiana, con diverse sfumature. La vita va vissuta, nonostante tutto. Continuiamo ad osare. 

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Maradona a Sant'Anna di Palazzo: il murales di Stikki Peaches

E' apparso qualche giorno fa un poster di Maradona a Sant'Anna di Palazzo, nei quartieri spagnoli, a Napoli. Niente di nuovo, direte, i vicoli pullulano di rappresentazioni del D10s. Questa volta si tratta di un murales di Stikki Peaches, street artist canadese, che aveva già lavorato a Napoli - ricordiamo il poster di Sofia Loren in vico Zuroli, ormai strappato. 
Stikki Peaches, originario di Montreal, in Canada, debutta nelle strade della sua città,  per poi proseguire con New York, Toronto, Stoccolma, Berlino, Los Angeles, Londra. I suoi non sono semplici poster, ma opere di paste-up o collage, con utilizzo di materiali di riciclo. 
Il suo motto è "What if art ruled the world?" (E se l'arte dominasse il mondo?"), con il quale auspica l'abilitazione dei conflitti e dei disastri a livello mondiale, proprio attraverso un "governo dell'arte".
Stikki Peaches ha portato nei vicoli icone del mondo dello spettacolo, attori, calciatori, artisti del passato. Li ha integrati nel tessuto urbano.
A Napoli, poi, ha scelto di concentrarsi con due grandi icone della storia partenopea. Tempo fa, infatti, realizzò un ritratto di Sofia Loren, a Forcella, in vico Zuroli. Quell'opera è stata purtroppo distrutta dal passare del tempo. A Sant'Anna di Palazzo, poi, proprio accanto alla chiesa, ha realizzato un ritratto di Diego Armando Maradona, il calciatore più famoso del mondo, deceduto il 25/11/2020. Il suo volto è arricchito di alcuni particolari, come la data di nascita (1960), scritta in numeri romani, la data del primo scudetto vinto dal Napoli (1986), un cuore con il nome della moglie del calciatore, Claudia, e altre cose. 
Il murales si trova tra l'entrata della chiesa di Sant'Anna di Palazzo e un autolavaggio, al di sotto di un'edicola sacra. 
Lo street artist, inoltre, è attualmente a lavoro per realizzare un altro ritratto di Sofia Loren, non distante da quello di Maradona, come si può vedere sul suo profilo Instagram.




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Il primo murales di Maradona nei quartieri spagnoli: la storia di un mito

Largo degli artisti, murales dedicato a Diego Armando Maradona.
Risale al 1990, anno del secondo scudetto vinto dalla squadra di calcio del Napoli. Fu eseguito, il murales, da un giovane ragazzo di 23 anni, Mario Filardi, proprio per festeggiare la vittoria. All'epoca, la street art non era molto diffusa a Napoli, e gli strumenti a disposizione erano pochi. L'illuminazione era scarsa, quindi Mario fu aiutato dai fari delle auto. La finestra che vedete, in tutte e due le immagini sul volto di Maradona non c'era ancora, e Mario riuscì a completare il suo murales. Il valore estetico non era eccellente, ma quello simbolico sì: da quel momento, tutti i napoletani avrebbero avuto un luogo di culto, dove poter ammirare l'opera dedicata a chi aveva realizzato il loro sogno, e cioè la vittoria dello scudetto, un grande riscatto per la città partenopea. 
Maradona aveva dimostrato che anche chi veniva da un ambiente umile poteva diventare un campione. Grazie a lui, Napoli era al centro del mondo. 
Era anche il sogno dello street artist Mario Filardi, probabilmente, che già da giovanissimo era andato in giro per il mondo a fare il cameriere, per non gravare sulla spesa economica della sua famiglia. Ma gli piaceva dipingere, era bravo, e quando il Napoli vinse lo scudetto, i ragazzi dei quartieri chiamarono lui, per onorare il campione. 
Mario, su una scala di fortuna, disegnò il corpo di Maradona, ma non realizzò i piedi, chissà se perché si accorse troppo tardi di aver terminato lo spazio, oppure perché voleva lasciarli all'immaginazione dei napoletani. 
Dopo qualche tempo, uno degli inquilini del palazzo decise di aprire una finestra abusiva proprio sul volto del murales di Maradona: potete immaginare il disaccordo degli abitanti del quartiere! Il destino della finestra fu quello di restare chiusa, ma intanto la sua costruzione aveva provocato dei danni al murales, e quindi dovette intervenire Salvatore Iodice, un ragazzo dei quartieri, oggi noto ai più per il laboratorio di riciclo Miniera. Salvatore disegnò nuovamente il viso del campione; anche in questo caso, un'opera di non particolare bellezza, ma almeno Maradona aveva riconquistato un volto. 
Quando, poi, nel 2017, l'artista argentino Francisco Bosoletti venne a Napoli, nei quartieri spagnoli, per realizzare la sua "Iside" proprio sull'edificio accanto al murales di Maradona, gli chiesero di rifare il volto sulla finestra. Ed ecco che, come risultato, si ottenne un'espressione più simile a quella reale.  
Dopo la morte del d10s, come viene chiamato dai napoletani, il largo degli artisti è diventato un punto di incontro ancora più importante non solo per tutti i tifosi del Napoli, ma anche per coloro che vogliono essere testimoni dell'amore che i napoletani hanno provato e provano, tutt'oggi, nei confronti di colui che è stato il miglior calciatore di tutti i tempi. 
E' proprio lì che, subito dopo la morte di Maradona, molti dei napoletani sentirono il bisogno di recarsi, è da lì che partì la fiaccolata per onorare il nostro eroe. In pochi metri quadrati è raccolto tutto l'amore, la fede calcistica, la volontà di riscatto, le emozioni della vittoria e il dolore per una delle perdite che la città non ha ancora superato. 
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Largo degli Artisti, mural dedicated to Diego Armando Maradona, dates back to 1990, the year of the second championship won by the Neapolitan football team. The mural was painted by a young 23-year-old boy, Mario Filardi, in order to celebrate the victory. At the time, street art was not very widespread in Naples, and the tools available were few. The lighting of roads was poor, so Mario was helped by the car headlights. The window you can see in both images on Maradona's face was not there yet, and Mario was able to complete his mural. The aesthetic value was not excellent, but the symbolic one, of course it was: from that moment, all Neapolitans would have had a place of worship, where they could admire the work dedicated to the hero who had realized their dream, namely the victory of the championship, a great redemption for the Neapolitan city. Maradona had shown that even those who came from a humble background could become a champion. Thanks to him, Naples was at the center of the world. It was also the dream of street artist Mario Filardi, probably, who had already gone around the world as a waiter at a very young age, so as not to burden his family's economic expenses. But he liked to paint, he was good, and when Napoli won the championship, the boys from the neighborhoods called him, to honor the champion. Mario, on a makeshift scale, drew the body of Maradona, but did not draw his feet, probably because he realized too late that there was no space available anymore to draw the mural, or because he wanted to leave them to the imagination of the Neapolitans. After some time, one of the tenants of the building decided to open an abusive window right on the face of the Maradona mural: you can imagine the disagreement of the inhabitants of the neighborhood! The fate of the window was to remain closed, but in the meantime its construction had caused damage to the mural, and therefore Salvatore Iodice, a neighborhood boy, now known to most for the recycling laboratory "Miniera", had to intervene. Salvatore drew the champion's face again; also in this case, a work of no particular beauty, but at least Maradona had regained a face. Then, in 2017, the Argentine artist Francisco Bosoletti came to Naples, in the Spanish quarters, to create his "Isis" right on the building next to the mural of Maradona, they asked him to redo the face on the window. And here, as a result, an expression more similar to the real one was obtained. After the death of the d10s, as it is called by the Neapolitans, Largo degli Artisti has become an even more important meeting point not only for all Napoli fans, but also for those who want to be witnesses of the love that the Neapolitans have felt and they still feel against the one who was the best footballer of all time. It is precisely there that, immediately after the death of Maradona, many of the Neapolitans felt the need to go, it is from there that the torchlight procession to honor our hero started. In a few square meters you will be able to find all the love, the football faith, the desire for redemption, the emotions of victory and the pain for one of the losses that the city has not yet overcome.


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San Spiga e il culto di Maradona nei quartieri spagnoli

"I quartieri spagnoli sono il barrio di Diego". Per questo motivo, Santiago Spigariol - in arte San Spiga - decide di far rivivere le immagini più belle della storia del goleador proprio lì, nei vicoli dei quartieri. San Spiga è uno street artist argentino, che nel 1986, quando Maradona realizza quello che negli anni a venire verrà chiamato "la mano de Dios", ha poco più di dieci anni, ma non resiste alla tentazione di venire a Napoli ad attaccare nei vicoli un poster dell'immagine di Diego che colpisce il pallone con la mano. Aveva portato così l'Argentina alla vittoria, nei mondiali del 1986, contro l'Inghilterra, ai quarti di finale. L'arbitro non se n'era accorto, e Maradona commentò l'accaduto dicendo che quella mano era stata la mano de Dios...
Mentre stava attaccando il poster, San Spiga viene avvicinato da un ragazzo, Fabio, che lo porta a vedere il #murales di Maradona in via De Deo, quello che copre l'intera facciata di un palazzo. Nasce così un'amicizia, tra Fabio, Santiago e Salvatore Iodice di MINIERA .
Nel 1987 il Napoli, con Maradona, vince il suo primo scudetto. La gioia dei napoletani è incontenibile, Maradona diventa l'idolo degli ultimi.
San Spiga ci torna, a Napoli, e nei quartieri, nel 2017, alla vigilia del trentennio da quello scudetto, e, con la collaborazione di Salvatore Iodice, tappezza i muri dei vicoli con le immagini di colui che aveva regalato agli scugnizzi il più grande dei sogni: quello di vincere. Quello di diventare, da "ultimi", i primi. Se girate per i quartieri spagnoli, ne trovate tante, di queste immagini della vita del goleador. Si tratta, per la maggior parte, di fotografie di Sergio Siano, che lo street artist argentino ha tramutato in poster. 
E sembra che Diego sia ancora lì, a palleggiare felice come un bambino.

Ipazia, l'eroina dei quartieri spagnoli


Il murales in foto si trova sulla facciata del Palazzetto Urban , nei quartieri spagnoli , ed è opera di MP5 , una street artist napoletana. Mp5 è anche un'illustratrice e una scrittrice. Ha scritto, infatti, tre libri. Fortemente legata al teatro di ricerca, si è spesso finalizzata sull'identità di genere, prediligendo tematiche queer e femministe. Il murales in foto si chiama The care of knowledge, e riproduce Ipazia d'Alessandria, una scienziata, filosofa e astronoma vissuta tra il IV e il V secolo d.C. Inventò anche l'astrolabio piatto, lo strumento che si vede nel murales e che serviva per calcolare la posizione dei corpi celesti. Ipazia aveva un circolo di allievi, e, proprio perché considerata una donna "pericolosa", perché molto carismatica, fu assassinata da alcuni cristiani, che la colpirono a sassate. Ipazia è una martire della ricerca scientifica e del bieco maschilismo. Per questo motivo è stata scelta dall'artista proprio per decorare la facciata di un edificio che contiene una libreria gender e molti documenti del movimento femminista nazionale e internazionale. L'edificio, inoltre, funziona anche come centro antiviolenza, dove si riuniscono molte donne vittime di soprusi. È stato proprio il centro a chiamare l'artista per commissionarle un murales. Il fatto che l'opera si sviluppi sull'intera facciata risponde alla volontà del committente e probabilmente anche dell'artista di far sì che l'opera non venga cancellata o deturpata, come spesso accade a murales di più piccole dimensioni.



La sirena Ciaciona: la street art di Trallalà

Il murales è opera di Alfonso De Angelis, in arte Trallallà. L'icona della ciaciona, che si presenta sia sotto forma di donna, che sotto forma di sirena, è ormai frequente, sotto forma di poster, soprattutto nel centro storico di Napoli.
Lo street artist riproduce una donna, in pose spesso osé, con uno sguardo accattivante e seducente e dalle forme abbondanti. La sirena è un'icona classica della città di Napoli, che secondo la mitologia greca fu fondata proprio dalla sirena Partenope. Le sirene di cui Omero parla nell'Odissea, in realtà, non somigliavano alle creature paradisiache che immaginiamo oggi. Erano metà donne e metà uccelli rapaci, e cercavano di attirare i marinai con l'inganno del loro canto. La sirena ha poi cambiato aspetto nell'immaginario medievale, e da allora viene rappresentata come metà donna e metà pesce.
Trallallà, pur riprendendo un'iconografia comune nell'immaginario partenopeo, la priva dei canoni a lei generalmente assegnati. La sirena diventa grassa, ostentatrice delle sue forme. Anche sottoforma di donna, la ciaciona non si risparmia. Qui, però, è raffigurata con l'aureola, come se fosse una santa, ma i suoi atteggiamenti dicono tutt'altro. La ciaciona non è una santa. Provoca, stavolta non con il suo canto, ma con il suo aspetto, pur così diverso da quello convenzionale. Un po' come dire: "non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace", insomma.
La sirena riporta, oltre alla firma di Trallallà, anche la dicitura "save the mermairds" (salva le sirene). Da cosa devono essere salvate, le sirene? Omero racconta che fu Ulisse, resistendo al loro canto, a decretarne la morte. Le sirene, disperate, si gettarono infatti in mare, e la nostra Partenope, col suo corpo esausto nell'antica Megaride, fondò quella meraviglia che è la città di Napoli. Salviamole, dunque, dal pericolo dell'amore? Perché a furia di voler provocare, a furia di voler scherzare con il fuoco, alla fine ci si brucia? Ma la sirena ciaciona ha anche un'altra massima, sulla punta della coda: memento vivi. L'ennesimo rovesciamento del tradizionale "memento mori" (ricordati della morte, che devi morire), che pur veniva accompagnato dall'icona del teschio. "Ricordati che si vive" è la massima suggerita dalla sirena ciaciona. E, tutto sommato, il senso è simile al tanto ripetuto memento mori, presente in tutte le culture, da quella classica a quella cristiana, con diverse sfumature. La vita va vissuta, nonostante tutto. Continuiamo ad osare. 

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