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Attimo, il nuovo murales di Francisco Bosoletti a Pompei

A T T I M O  è il nome della nuova opera di street art di Francisco Bosoletti , artista argentino classe '88.

Si trova a Pompei , sulla facciata del palazzo dell'ex Pretura, e rappresenta i #calchi di Pompei.
Nella seconda metà del 1800, infatti, l'archeologo Giuseppe Fiorelli capì che, siccome il materiale organico a Pompei era stato bruciato dall'eruzione del 79 d. C., avrebbero dovuto trovare delle cavità con la forma del materiale organico. Provò a riempire questi vuoti con il gesso, e quello che ne venne fuori fu una delle scoperte più importanti della storia: i calchi mostrano l'espressione dei volti delle vittime dell'eruzione. Qualcosa di estremamente triste, ma al contempo infinitamente prezioso.
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Pompei e la tecnica dei calchi

Se vi capita di andare a Pompei, non potrete fare a meno di notare delle figure con la forma di esseri umani. Li troverete ovunque: nel foro, all'ingresso lato Porta Anfiteatro, nelle terme stabiane, in molte domus...
Ma li troverete solo a Pompei, non ce ne sono a Ercolano o ad Oplonti.
Si tratta di calchi in gesso. Sapete come funziona la tecnica dei calchi? Fu scoperta da Giuseppe Fiorelli, nell'Ottocento. L'archeologo, considerando che Pompei era stata distrutta da lapilli e cenere, capì che tutto il materiale organico che era stato bruciato nel sottosuolo aveva lasciato dei vuoti, sottoterra. Pensò che la forma del vuoto venutosi a formare doveva essere la stessa del materiale organico, e quindi, nel caso degli uomini, travolti dalla furia del vulcano, proprio dei vuoti con la forma del corpo umano. Decise di provare a versare del gesso liquido nel sottosuolo, in corrispondenza di questi vuoti. Ecco come vennero fuori i calchi. 
I calchi sono una peculiarità di Pompei, perché ad Ercolano, ad esempio, distrutta dalla medesima eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., il materiale organico si era ben conservato, perché "protetto" dal materiale piroclastico e dal fango che aveva ricoperto la città.
A Pompei un'assenza è diventata un punto di forza del sito archeologico. Nei calchi, a differenza degli scheletri -presenti ad Ercolano- possiamo scorgere il terrore sull'espressione del volto di queste vittime, nel momento della loro morte. Immensamente triste, ma un'immensa ricchezza. Uno sguardo sul passato senza eguali.
I calchi non hanno, in ogni caso, rivelato solo cose tristi, sono anche serviti ad individuare le radici delle piante che si trovavano nei giardini delle case a Pompei, ad esempio. Ed è così che -pensate un po'... - in alcune domus, come nella villa urbana di Giulia Felice, hanno potuto piantare le stesse piante dell'antichità!!!
Recentemente sono stati creati altri due calchi di esseri umani, con la stessa tecnica.
Nel video potete osservare tutta la procedura. L'emozione dell'archeologo quando riesce a recuperare un pezzo di storia è davvero indescrivibile. 

Memento mori - Il mosaico del MANN

Nella sezione MOSAICI del Museo Archeologico di Napoli è esposto un memento mori rinvenuto in un'officina o conceria di Pompei. Il mosaico riporta una serie di simboli, che nei secoli sono stati oggetto di varie interpretazioni.
Si vede uno scheletro, appeso a un filo di piombo attaccato a una squadra di legno. Sotto lo scheletro ci sono una farfalla e una ruota a sei raggi, mentre ai suoi lati, appesi alle estremità della squadra, troviamo un lenzuolo color porpora avvolto intorno a un bastone appuntito, da una parte, e un pezzo di legno con un sacchetto e una coperta, dall'altra.
Il significato associato a questa iconografia è il seguente: il teschio rappresenta la morte, e quindi la fugacità della vita, la farfalla è l'anima, la ruota è la fortuna umana. A sinistra del teschio, troviamo i simboli della ricchezza: il lenzuolo color porpora era di enorme valore, perché il pigmento utilizzato per ottenere quel colore veniva estratto dalla ghiandola di un mollusco, il murice comune, e ne servivano tantissimi per colorare un pezzo di stoffa. Il bastone al quale il tessuto è avvolto ha una punta aguzza, che affonda nel terreno: simbolo di tradizioni radicate, di un'identità salda, di una forte consapevolezza delle proprie origini.
Il ramo che si trova a destra dello scheletro, invece, è storto. Rappresenta la povertà, insieme al sacco e alla coperta.
L'artista ha voluto dunque esprimere che non fa differenza che tu sia ricco o povero, la morte può sopraggiungere in qualsiasi momento, e di fronte alla morte non ci sono differenze sociali o economiche, siamo tutti uguali.
Il motivo della fugacità della vita è stato più volte ripetuto, nel corso dei secoli, e rappresentato nell'arte di tutti i tempi. Per quanto riguarda l'epoca contemporanea, riscontriamo un esempio nella poesia di Totò "'A livella", in cui un marchese e un netturbino, dopo essere morti, si incontrano e discutono sulla loro sorte comune. Sarà il netturbino, e quindi il poveraccio, a mettere a tacere il marchese, indegnato per la sepoltura che gli era stata riservata, accanto a un uomo di basso rango, dicendogli: "'Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive
Nuje simmo serie, appartenimmo à morte!" ("Queste pagliacciate le fanno solo i vivi, noi siamo seri, apparteniamo alla morte!")

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Pompei e la tecnica dei calchi

Siete mai stati a Pompei? Avete visto quelle figure bianche con le sembianze di un corpo umano? Si tratta dei calchi in gesso, una peculiarità di Pompei. Derivano da una tecnica scoperta da un archeologo dell'Ottocento, Giuseppe Fiorelli.

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Attimo, il nuovo murales di Francisco Bosoletti a Pompei

A T T I M O  è il nome della nuova opera di street art di Francisco Bosoletti , artista argentino classe '88.

Si trova a Pompei , sulla facciata del palazzo dell'ex Pretura, e rappresenta i #calchi di Pompei.
Nella seconda metà del 1800, infatti, l'archeologo Giuseppe Fiorelli capì che, siccome il materiale organico a Pompei era stato bruciato dall'eruzione del 79 d. C., avrebbero dovuto trovare delle cavità con la forma del materiale organico. Provò a riempire questi vuoti con il gesso, e quello che ne venne fuori fu una delle scoperte più importanti della storia: i calchi mostrano l'espressione dei volti delle vittime dell'eruzione. Qualcosa di estremamente triste, ma al contempo infinitamente prezioso.
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Pompei e la tecnica dei calchi

Se vi capita di andare a Pompei, non potrete fare a meno di notare delle figure con la forma di esseri umani. Li troverete ovunque: nel foro, all'ingresso lato Porta Anfiteatro, nelle terme stabiane, in molte domus...
Ma li troverete solo a Pompei, non ce ne sono a Ercolano o ad Oplonti.
Si tratta di calchi in gesso. Sapete come funziona la tecnica dei calchi? Fu scoperta da Giuseppe Fiorelli, nell'Ottocento. L'archeologo, considerando che Pompei era stata distrutta da lapilli e cenere, capì che tutto il materiale organico che era stato bruciato nel sottosuolo aveva lasciato dei vuoti, sottoterra. Pensò che la forma del vuoto venutosi a formare doveva essere la stessa del materiale organico, e quindi, nel caso degli uomini, travolti dalla furia del vulcano, proprio dei vuoti con la forma del corpo umano. Decise di provare a versare del gesso liquido nel sottosuolo, in corrispondenza di questi vuoti. Ecco come vennero fuori i calchi. 
I calchi sono una peculiarità di Pompei, perché ad Ercolano, ad esempio, distrutta dalla medesima eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., il materiale organico si era ben conservato, perché "protetto" dal materiale piroclastico e dal fango che aveva ricoperto la città.
A Pompei un'assenza è diventata un punto di forza del sito archeologico. Nei calchi, a differenza degli scheletri -presenti ad Ercolano- possiamo scorgere il terrore sull'espressione del volto di queste vittime, nel momento della loro morte. Immensamente triste, ma un'immensa ricchezza. Uno sguardo sul passato senza eguali.
I calchi non hanno, in ogni caso, rivelato solo cose tristi, sono anche serviti ad individuare le radici delle piante che si trovavano nei giardini delle case a Pompei, ad esempio. Ed è così che -pensate un po'... - in alcune domus, come nella villa urbana di Giulia Felice, hanno potuto piantare le stesse piante dell'antichità!!!
Recentemente sono stati creati altri due calchi di esseri umani, con la stessa tecnica.
Nel video potete osservare tutta la procedura. L'emozione dell'archeologo quando riesce a recuperare un pezzo di storia è davvero indescrivibile. 

Memento mori - Il mosaico del MANN

Nella sezione MOSAICI del Museo Archeologico di Napoli è esposto un memento mori rinvenuto in un'officina o conceria di Pompei. Il mosaico riporta una serie di simboli, che nei secoli sono stati oggetto di varie interpretazioni.
Si vede uno scheletro, appeso a un filo di piombo attaccato a una squadra di legno. Sotto lo scheletro ci sono una farfalla e una ruota a sei raggi, mentre ai suoi lati, appesi alle estremità della squadra, troviamo un lenzuolo color porpora avvolto intorno a un bastone appuntito, da una parte, e un pezzo di legno con un sacchetto e una coperta, dall'altra.
Il significato associato a questa iconografia è il seguente: il teschio rappresenta la morte, e quindi la fugacità della vita, la farfalla è l'anima, la ruota è la fortuna umana. A sinistra del teschio, troviamo i simboli della ricchezza: il lenzuolo color porpora era di enorme valore, perché il pigmento utilizzato per ottenere quel colore veniva estratto dalla ghiandola di un mollusco, il murice comune, e ne servivano tantissimi per colorare un pezzo di stoffa. Il bastone al quale il tessuto è avvolto ha una punta aguzza, che affonda nel terreno: simbolo di tradizioni radicate, di un'identità salda, di una forte consapevolezza delle proprie origini.
Il ramo che si trova a destra dello scheletro, invece, è storto. Rappresenta la povertà, insieme al sacco e alla coperta.
L'artista ha voluto dunque esprimere che non fa differenza che tu sia ricco o povero, la morte può sopraggiungere in qualsiasi momento, e di fronte alla morte non ci sono differenze sociali o economiche, siamo tutti uguali.
Il motivo della fugacità della vita è stato più volte ripetuto, nel corso dei secoli, e rappresentato nell'arte di tutti i tempi. Per quanto riguarda l'epoca contemporanea, riscontriamo un esempio nella poesia di Totò "'A livella", in cui un marchese e un netturbino, dopo essere morti, si incontrano e discutono sulla loro sorte comune. Sarà il netturbino, e quindi il poveraccio, a mettere a tacere il marchese, indegnato per la sepoltura che gli era stata riservata, accanto a un uomo di basso rango, dicendogli: "'Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive
Nuje simmo serie, appartenimmo à morte!" ("Queste pagliacciate le fanno solo i vivi, noi siamo seri, apparteniamo alla morte!")

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Pompei e la tecnica dei calchi

Siete mai stati a Pompei? Avete visto quelle figure bianche con le sembianze di un corpo umano? Si tratta dei calchi in gesso, una peculiarità di Pompei. Derivano da una tecnica scoperta da un archeologo dell'Ottocento, Giuseppe Fiorelli.

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