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Maradona a Sant'Anna di Palazzo: il murales di Stikki Peaches

E' apparso qualche giorno fa un poster di Maradona a Sant'Anna di Palazzo, nei quartieri spagnoli, a Napoli. Niente di nuovo, direte, i vicoli pullulano di rappresentazioni del D10s. Questa volta si tratta di un murales di Stikki Peaches, street artist canadese, che aveva già lavorato a Napoli - ricordiamo il poster di Sofia Loren in vico Zuroli, ormai strappato. 
Stikki Peaches, originario di Montreal, in Canada, debutta nelle strade della sua città,  per poi proseguire con New York, Toronto, Stoccolma, Berlino, Los Angeles, Londra. I suoi non sono semplici poster, ma opere di paste-up o collage, con utilizzo di materiali di riciclo. 
Il suo motto è "What if art ruled the world?" (E se l'arte dominasse il mondo?"), con il quale auspica l'abilitazione dei conflitti e dei disastri a livello mondiale, proprio attraverso un "governo dell'arte".
Stikki Peaches ha portato nei vicoli icone del mondo dello spettacolo, attori, calciatori, artisti del passato. Li ha integrati nel tessuto urbano.
A Napoli, poi, ha scelto di concentrarsi con due grandi icone della storia partenopea. Tempo fa, infatti, realizzò un ritratto di Sofia Loren, a Forcella, in vico Zuroli. Quell'opera è stata purtroppo distrutta dal passare del tempo. A Sant'Anna di Palazzo, poi, proprio accanto alla chiesa, ha realizzato un ritratto di Diego Armando Maradona, il calciatore più famoso del mondo, deceduto il 25/11/2020. Il suo volto è arricchito di alcuni particolari, come la data di nascita (1960), scritta in numeri romani, la data del primo scudetto vinto dal Napoli (1986), un cuore con il nome della moglie del calciatore, Claudia, e altre cose. 
Il murales si trova tra l'entrata della chiesa di Sant'Anna di Palazzo e un autolavaggio, al di sotto di un'edicola sacra. 
Lo street artist, inoltre, è attualmente a lavoro per realizzare un altro ritratto di Sofia Loren, non distante da quello di Maradona, come si può vedere sul suo profilo Instagram.




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La signora delle sigarette di Piazza Bellini

Non so chi abbia fatto questo murales, ma lo trovo bellissimo.
Diversamente da altri post o vignette in cui si parlava di lei, di Giannina, o Valeria, quella delle sigarette a Piazza Bellini, per intenderci, qui viene ritratta con un bel sorriso verso la vita, quello che da tanto, ormai, non le si vedeva più sul volto.
Ci sono persone che entrano nel tessuto della città, nei suoi intrecci, nel suo tufo.
Sono quelle persone che, quando le vedi, ti senti, per qualche ragione, a casa. E che, quando non ci sono più, ti provocano una sensazione di disorientamento.
"La signora delle sigarette di piazza Bellini" era una di queste persone.
Grazie per aver donato a Napoli un'altra delle sue mille sfaccettature. #heimlich

Il primo murales di Maradona nei quartieri spagnoli: la storia di un mito

Largo degli artisti, murales dedicato a Diego Armando Maradona.
Risale al 1990, anno del secondo scudetto vinto dalla squadra di calcio del Napoli. Fu eseguito, il murales, da un giovane ragazzo di 23 anni, Mario Filardi, proprio per festeggiare la vittoria. All'epoca, la street art non era molto diffusa a Napoli, e gli strumenti a disposizione erano pochi. L'illuminazione era scarsa, quindi Mario fu aiutato dai fari delle auto. La finestra che vedete, in tutte e due le immagini sul volto di Maradona non c'era ancora, e Mario riuscì a completare il suo murales. Il valore estetico non era eccellente, ma quello simbolico sì: da quel momento, tutti i napoletani avrebbero avuto un luogo di culto, dove poter ammirare l'opera dedicata a chi aveva realizzato il loro sogno, e cioè la vittoria dello scudetto, un grande riscatto per la città partenopea. 
Maradona aveva dimostrato che anche chi veniva da un ambiente umile poteva diventare un campione. Grazie a lui, Napoli era al centro del mondo. 
Era anche il sogno dello street artist Mario Filardi, probabilmente, che già da giovanissimo era andato in giro per il mondo a fare il cameriere, per non gravare sulla spesa economica della sua famiglia. Ma gli piaceva dipingere, era bravo, e quando il Napoli vinse lo scudetto, i ragazzi dei quartieri chiamarono lui, per onorare il campione. 
Mario, su una scala di fortuna, disegnò il corpo di Maradona, ma non realizzò i piedi, chissà se perché si accorse troppo tardi di aver terminato lo spazio, oppure perché voleva lasciarli all'immaginazione dei napoletani. 
Dopo qualche tempo, uno degli inquilini del palazzo decise di aprire una finestra abusiva proprio sul volto del murales di Maradona: potete immaginare il disaccordo degli abitanti del quartiere! Il destino della finestra fu quello di restare chiusa, ma intanto la sua costruzione aveva provocato dei danni al murales, e quindi dovette intervenire Salvatore Iodice, un ragazzo dei quartieri, oggi noto ai più per il laboratorio di riciclo Miniera. Salvatore disegnò nuovamente il viso del campione; anche in questo caso, un'opera di non particolare bellezza, ma almeno Maradona aveva riconquistato un volto. 
Quando, poi, nel 2017, l'artista argentino Francisco Bosoletti venne a Napoli, nei quartieri spagnoli, per realizzare la sua "Iside" proprio sull'edificio accanto al murales di Maradona, gli chiesero di rifare il volto sulla finestra. Ed ecco che, come risultato, si ottenne un'espressione più simile a quella reale.  
Dopo la morte del d10s, come viene chiamato dai napoletani, il largo degli artisti è diventato un punto di incontro ancora più importante non solo per tutti i tifosi del Napoli, ma anche per coloro che vogliono essere testimoni dell'amore che i napoletani hanno provato e provano, tutt'oggi, nei confronti di colui che è stato il miglior calciatore di tutti i tempi. 
E' proprio lì che, subito dopo la morte di Maradona, molti dei napoletani sentirono il bisogno di recarsi, è da lì che partì la fiaccolata per onorare il nostro eroe. In pochi metri quadrati è raccolto tutto l'amore, la fede calcistica, la volontà di riscatto, le emozioni della vittoria e il dolore per una delle perdite che la città non ha ancora superato. 
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Largo degli Artisti, mural dedicated to Diego Armando Maradona, dates back to 1990, the year of the second championship won by the Neapolitan football team. The mural was painted by a young 23-year-old boy, Mario Filardi, in order to celebrate the victory. At the time, street art was not very widespread in Naples, and the tools available were few. The lighting of roads was poor, so Mario was helped by the car headlights. The window you can see in both images on Maradona's face was not there yet, and Mario was able to complete his mural. The aesthetic value was not excellent, but the symbolic one, of course it was: from that moment, all Neapolitans would have had a place of worship, where they could admire the work dedicated to the hero who had realized their dream, namely the victory of the championship, a great redemption for the Neapolitan city. Maradona had shown that even those who came from a humble background could become a champion. Thanks to him, Naples was at the center of the world. It was also the dream of street artist Mario Filardi, probably, who had already gone around the world as a waiter at a very young age, so as not to burden his family's economic expenses. But he liked to paint, he was good, and when Napoli won the championship, the boys from the neighborhoods called him, to honor the champion. Mario, on a makeshift scale, drew the body of Maradona, but did not draw his feet, probably because he realized too late that there was no space available anymore to draw the mural, or because he wanted to leave them to the imagination of the Neapolitans. After some time, one of the tenants of the building decided to open an abusive window right on the face of the Maradona mural: you can imagine the disagreement of the inhabitants of the neighborhood! The fate of the window was to remain closed, but in the meantime its construction had caused damage to the mural, and therefore Salvatore Iodice, a neighborhood boy, now known to most for the recycling laboratory "Miniera", had to intervene. Salvatore drew the champion's face again; also in this case, a work of no particular beauty, but at least Maradona had regained a face. Then, in 2017, the Argentine artist Francisco Bosoletti came to Naples, in the Spanish quarters, to create his "Isis" right on the building next to the mural of Maradona, they asked him to redo the face on the window. And here, as a result, an expression more similar to the real one was obtained. After the death of the d10s, as it is called by the Neapolitans, Largo degli Artisti has become an even more important meeting point not only for all Napoli fans, but also for those who want to be witnesses of the love that the Neapolitans have felt and they still feel against the one who was the best footballer of all time. It is precisely there that, immediately after the death of Maradona, many of the Neapolitans felt the need to go, it is from there that the torchlight procession to honor our hero started. In a few square meters you will be able to find all the love, the football faith, the desire for redemption, the emotions of victory and the pain for one of the losses that the city has not yet overcome.


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Napoli ricorda il maestro Riccardo Muti con lo stencil di Federico Luvol

È di Federico Luvol, street artist di Novara, lo stencil dedicato al maestro Riccardo Muti, nel centro storico della città di Napoli .
Una dedica al direttore d'orchestra era già apparsa sullo sportello di una centralina elettrica a Ravenna. Per l'opera napoletana, Federico Luvol sceglie lo stencil e la vernice spray, gli strumenti con i quali lavora più spesso.
Grazie alla varietà dei colori utilizzati, la figura, rappresentata proprio mentre dirige l'orchestra, appare inondata di brio.
Si trova a Napoli di fronte al conservatorio di San Pietro a Majella, lì dove si studia musica.


The stencil dedicated to Riccardo Muti, in the historic center of the city of Naples, Italy, was made by Federico Luvol, a street artist from. Novara. A street art work made by him and dedicated to the famous conductor had already appeared on the door of an electrical switchboard in Ravenna. For the Neapolitan work, Federico Luvol chooses stencil and spray paint, the tools he generally works with. Thanks to the variety of colors used, the figure, represented while conducting the orchestra, appears flooded with vivacity. It is located in Naples in front of the San Pietro a Majella conservatory, where people study music.

I Re di Napoli sulla facciata del Palazzo Reale

Oggi inizia una nuova rubrica: i re di Napoli! Le statue dei re di Napoli si trovano sulla Oggi inizia una nuova rubrica: i re di Napoli! Le statue dei re di Napoli si trovano sulla facciata del Palazzo Reale, in piazza del Plebiscito, e furono sistemate lì per volontà di re Umberto I, nel 1888. Il primo re di Napoli è Ruggiero II il Normanno, e a lui, infatti, è dedicata la prima statua, opera di Emilio Franceschi. I normanni verranno inizialmente reclutati dal duca Sergio IV, nel 1027, per liberarsi dalla pressione incalzante dei longobardi. Per ricompensarli, donerà loro una terra, che i normanni chiameranno "Aversa", perché ostile, sia a Napoli che a Capua. Da Aversa si estenderanno a macchia d'olio, fino ad assediare, nel 1130, la città di Napoli. Si tratta di Ruggiero di Sicilia, che sbaraglia gli ultimi fedeli del duca Sergio VIII e nove anni dopo riceve le chiavi della città. L'anno Ruggiero il Normanno fu un re saggio, che però impose un'organizzazione unitaria del regno. Questo non permise alla classe borghese napoletana di rendersi autonoma, e alla città di Napoli di evolversi come libero comune. Durante il regno dei normanni furono costruiti Castel dell'Ovo (residenza ai tempi di Ruggiero il Normanno) e Castel Capuano (Residenza successiva, voluta da Guglielmo I il Normanno, anche per conciliare la necessità di una residenza con quella di un presidio militare). Nella prossima puntata con i re di Napoli parleremo di come il potere passò agli svevi.

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Seconda puntata della rubrica dei #ReDiNapoli Oggi parliamo degli Svevi e in particolare di Federico II di Svevia. La sua statua sulla facciata del palazzo reale di Napoli è un'opera di Emanuele Caggiano. Federico Ruggero di Hohenstaufen entra a Napoli perché discendente per parte di madre dai normanni di Altavilla. Il suo regno è caratterizzato da un governo moralizzatore, i privilegi e le libertà medievali sono soppressi. Federico verrà ostacolato più volte dalla chiesa, ed ebbe persino due scomuniche dal papa Gregorio IX, che lo definiva l'anticristo. Federico riuscì, in ogni caso, ad attuare diverse opere nel regno: a Napoli ricostruì le mura e incrementò i traffici, limitando il potere del suo rappresentante locale, il "compalazzo", al quale affianca una curia composta da cinque giudici e otto notai. Ma la sua opera più grande è sicuramente l'istituzione dello Studio Generale, nel 1224. Si tratta dell'università di Napoli, la prima università laica d'Italia, che prende il nome di Federico II. Il regno degli Svevi finirà nel 1266, con l'arrivo degli angioini . Il passaggio di potere sarà segnato da un evento tragico, che resterà per sempre nella memoria dei napoletani: la decapitazione, nel 1268, in piazza Mercato, di Corradino di Svevia, un ragazzino di soli 14 anni. Ma degli angioini parleremo nella prossima puntata della rubrica! A presto!

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Terza puntata della rubrica dedicata ai #ReDiNapoli ! La terza statua sulla facciata del palazzo reale di Napoli è dedicata a Carlo d'Angiò, ed è un'opera di Tommaso Solari. Il sovrano è rappresentato con un'espressione feroce, e in effetti il suo non era di certo un carattere docile. I napoletani , dopo la morte di Federico II di Svevia, iniziarono a mostrare segni di insofferenza nei confronti dell'impero, si ribellarono contro i governatori e Napoli divenne un libero comune sotto la protezione di Papa Innocenzo IV. La chiesa , approfittando del malcontento popolare, introdusse conventi di francescani e domenicani in città, e si servì proprio del francese Carlo d'Angiò , nel 1266, per eliminare anche le ultime tracce del potere dei ghibellini. Questo avvenne nel 1268, con la decapitazione di Corradino di Svevia in piazza Mercato. La capitale viene trasferita da Palermo a Napoli, nel periodo angioino verranno costruite tantissime chiese a Napoli, come il duomo , San Lorenzo, Sant'Eligio, Santa Chiara, San Domenico, e il rapporto dei napoletani con la religione verrà consolidato, diffondendo però nella popolazione anche bigotteria e superstizione. Scultori come Tino da Camaino e pittori come Giotto e Simone Martini verranno a Napoli a lavorare nei luoghi di culto. Fiorì anche l'edilizia civile, con la costruzione del Castel Nuovo, che divenne la nuova residenza reale degli angioini , e del Castel Sant'Elmo. Le classi medie della città tardano ad emergere. Carlo accentua la componente feudale, le esigenze dei ceti più bassi della popolazione non trovano alcun rappresentante ai piani alti. Il malcontento porterà, nel 1282, alla rivolta dei vespri in Sicilia, che anticiperà il sorgere di una nuova dominazione, quella aragonese , di cui parleremo nella prossima puntata. A Carlo d'Angiò successe Carlo II lo Zoppo, e poi Roberto d'Angiò. Questi portò a corte personalità come Francesco Petrarca, ma alla fioritura delle arti non corrispose una grande capacità governativa. Le imposte erano troppo alte, così come i costi della politica estera. Il brigantaggio, l'Inquisizione, la pestilenza del 1348 e la confusione degli anni successivi alla morte di re Roberto e legati alle due Giovanne accelerarono l'ingresso degli aragonesi in città, che avvenne nel 1442.


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Quarta puntata della rubrica sui #redinapoli !La quarta statua sulla facciata del Palazzo Reale a Napoli è dedicata al re aragonese Alfonso D'Aragona, detto "Il Magnanimo". Si tratta di un'opera di Achille D'Orsi.Come arrivò Alfonso D'Aragona a Napoli? Sul portale di Castel Nuovo, splendida opera di Pietro De Martino dai disegni di Francesco Laurana, è rappresentato l'ingresso trionfale in città di Alfonso, trasportato sul carro della vittoria. Anche nella sala dei fasti aragonesi, la seconda anticamera di Palazzo Reale, troviamo, sugli affreschi del soffitto, la stessa scena.La realtà, però, è leggermente diversa. Alfonso D'Aragona, dopo un lungo assedio alla città di Napoli, si recò da una signora che abitava nella zona "extra moenia", tale "donna Ceccarella", e le promise un vitalizio in cambio di un piccolo favore: permettergli di accedere ai sotterranei napoletani, entrando dal pozzo del giardino. Così fece, e sbucò, attraverso i cunicoli dell'acquedotto, all'interno delle mura. Il suo ingresso a Napoli, dunque, fu tutt'altro che trionfale, e più simile a quello di un topo di fogna. Durante il regno di Alfonso fiorì la politica estera, Napoli era il centro del vasto dominio mediterraneo. Si sviluppò la produzione della lana e della seta. Al contempo, arte e letteratura vissero un momento particolarmente florido. Basti pensare a personaggi quali il Panormita e Giovanni Pontano, o come il Pinturicchio e il Perugino, che lavorarono a Napoli in quest'epoca. La politica di Alfonso però fu orientata a favorire i baroni e eliminò il seggio del popolo; inoltre il sovrano era molto religioso - pensate che si vantava di aver letto la Bibbia per intero ben quaranta volte - e ricercò una devota alleanza con il pontefice romano, anche per sconfiggere angioini e turchi.Lo sfarzo e il lusso delle feste compromettevano la situazione economica del regno, e il favore di Alfonso continuava a propendere verso baroni e feudatari, ai quali egli concesse diversi favori, sentendosi ricattato dalla minaccia di ribellioni. I feudatari facevano da padroni nelle campagne, agivano con prepotenza, e questo provocava lo sdegno dei mercanti provenienti dalle altre zone d'Italia che visitavano il regno. Lo sviluppo della marina restò praticamente fermo, in epoca aragonese. Ad Alfonso il Magnanimo seguì Ferrante, che cercò di conquistare la fiducia dei napoletani con una politica tesa alla promozione culturale e urbanistica della città, pur essendo un uomo indifferente alla cultura. Ferrante si dedicò allo sviluppo dell'artigianato , chiamando a corte da tutta Italia i maggiori setaioli, orafi e cuoiai, e cinse Napoli con ventidue torri cilindriche, la bonificò e migliorò l'amministrazione della giustizia. Contro di lui, però, cospirarono i baroni, che, motivati dall'inasprimento delle imposte, si riunirono nella famosa congiura, nel 1485. Ferrante li scoprì e li fece giustiziare o li mandò in esilio in Francia l'anno seguente.Il dominio aragonese era, in quegli anni, minato dalla grandi potenze europee, che si contendevano il territorio italiano. Dopo la morte di Ferrante, la corona passò in pochi anni ad Alfonso II e poi a Ferrantino, venne poi minacciata da Carlo VIII, Re di Francia, facente parte della casata degli angioini, chiamato in aiuto in Italia da Ludovico il Moro. Scansata la minaccia francese, Ferrantino venne richiamato, e dopo di lui la corona andò ancora a Federico III, l'ultimo degli aragonesi, che provò a governare con intelligenza e cautela.Il dominio aragonese a Napoli terminerà, però, nel 1503, quando Ferdinando il Cattolico conquisterà il regno grazie a Don Consalvo de Cordoba, e Napoli verrà ridotta a una provincia periferica nell'impenso impero spagnolo.Ma di questo parleremo nella prossima puntata...

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Quinta puntata della rubrica sui #redinapoli! La quinta statua sulla facciata del palazzo reale di Napoli è dedicata a Carlo V ed è opera di Vincenzo Gemito. Carlo ereditò nel 1506 il regno di Castiglia e delle terre del Nuovo Mondo dal padre Filippo d'Asburgo il Bello,  arciduca d’Austria e signore dei Paesi Bassi. Carlo aveva solo sei anni, all'epoca, e quindi il regno verrà amministrato dal nonno materno, Ferdinando il Cattolico, fino al compimento della maggiore età.  Il 28 giugno 1519 venne eletto Sacro Romano Imperatore con il nome di Carlo V e nel 1529, dopo la battaglia di Pavia e il sacco di Roma, impose la pace di Cambrai alla Francia e quella di Barcellona al pontefice, affermando il suo dominio anche in Italia, e ricevendo, l'anno successivo, la corona ferrea di re d’Italia e la corona imperiale da Papa Clemente VII. L'impero di Carlo V comprendeva gran parte della penisola italiana: Napoli, Palermo, Cagliari, Milano, Genova, Firenze e le capitali dei ducati padani ed era basato su un'idea di pace universale, garantita dal cristianesimo. Napoli perde il ruolo di capitale e decade a quello di provincia, il governo viene affidato ai vicerè spagnoli. Il primo, e il più importante, è certamente Don Pedro da Toledo, che regnò a Napoli per ben vent'anni, dal 1532 al 1553. Don Pedro attuò un vero e proprio piano urbanistico a Napoli: costruì la strada che porta il suo nome, stanziando le truppe spagnole nel quartiere di Montecalvario, in quelli che poi furono chiamati "quartieri spagnoli". Estese la cinta muraria fino al Vomero e a Chiaia, e restaurò alcune tra le fortezze napoletane, come Castel Sant'Elmo, che assunse la forma di stella a sei punte, la stessa che vediamo oggi. A Pedro da Toledo si devono anche l'istituzione del tribunale della Vicaria, che in diciotto anni mise alla forca circa diciottomila furfanti indigeni, e quella dei Monti di Pietà (organismi formati da , che il vicerè instaura per ovviare al problema della moltitudine di usurai ebrei in città. La politica nei confronti dei baroni fu tendenzialmente severa: questi erano stati ridotti a semplici proprietari terrieri, e vivevano spesso di rendita, lontano dai feudi, dissipando il loro patrimonio tra sfarzo e lusso, ma Pedro da Toledo attuò una serie di prammatiche contro di loro, per combattere gli abusi in ambito commerciale e giuridico. Purtroppo, però, la corruzione dilagava anche tra i magistrati, e quindi le azioni punitive dei vicerè spesso non avevano effetto. Criminalità e usura si diffusero facilmente in città. La politica condotta dai vicerè era molto meno severa, inoltre, nei confronti dei propri soldati spagnoli, che instaurarono con la plebe napoletana rapporti di promiscuità, contagiandoli sia dei difetti spagnoli - come turpiloquio e superstizione - che delle malattie. Molti termini di derivazione spagnola nel dialetto napoletano risalgono proprio a questo periodo. Pullularono conventi e chiese, e nonostante il divieto - dal 1566 - di edificare al di fuori delle mura, a causa della smisurata crescita demografica, si formarono dei nuclei abitati a Mergellina, nei Vergini, a Sant'Antonio Abate, all'Avvocata e in altri borghi napoletani. Anche dopo la morte di Pedro da Toledo, in realtà, per Napoli venne un periodo tutt'altro che florido. Nel corso del Seicento fiorirono le arti, con il barocco napoletano e con la presenza di artisti come Cosimo Fanzago e Michelangelo Merisi da Caravaggio a Napoli, ma la plebe visse una situazione di prolungata miseria, aggravata anche dalle numerose epidemie di peste. GuzmánGuzmánNel 1643, per opera del vicerè Ramiro de Guzmán, che sposa la nobildonna Anna Carafa, verranno rese carrozzabili le rampe di Sant'Antonio a Posillipo, collegamento tra la collina e la città bassa, proprio dove si trovava palazzo Donn'Anna, costruito da Cosimo Fanzago per Anna Carafa. Pochi anni dopo, nel 1647, il popolo napoletano, incitato dal giovane Masaniello, si unirà in una rivolta popolare, a causa di una tassa sulla frutta, e quindi su un bene primario. Alla rivolta di Masaniello seguì la terribile peste del 1656, che, oltre a decimare la popolazione, fece nascere, a Napoli, il "culto delle capuzzelle". Il Settecento portò la fine del periodo vicereale e introdusse la dinastia borbonica, che governò fino all'unità d'Italia. Prima dell'arrivo dei Borbone a Napoli vi sarà una parentesi (dal 1707 al 1734) di dominio austriaco, poco significativo per la città. Il seguito lo scopriremo nella prossima puntata...

(Fonte: "La storia di Napoli" di Antonio Ghirelli)

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Maradona a Sant'Anna di Palazzo: il murales di Stikki Peaches

E' apparso qualche giorno fa un poster di Maradona a Sant'Anna di Palazzo, nei quartieri spagnoli, a Napoli. Niente di nuovo, direte, i vicoli pullulano di rappresentazioni del D10s. Questa volta si tratta di un murales di Stikki Peaches, street artist canadese, che aveva già lavorato a Napoli - ricordiamo il poster di Sofia Loren in vico Zuroli, ormai strappato. 
Stikki Peaches, originario di Montreal, in Canada, debutta nelle strade della sua città,  per poi proseguire con New York, Toronto, Stoccolma, Berlino, Los Angeles, Londra. I suoi non sono semplici poster, ma opere di paste-up o collage, con utilizzo di materiali di riciclo. 
Il suo motto è "What if art ruled the world?" (E se l'arte dominasse il mondo?"), con il quale auspica l'abilitazione dei conflitti e dei disastri a livello mondiale, proprio attraverso un "governo dell'arte".
Stikki Peaches ha portato nei vicoli icone del mondo dello spettacolo, attori, calciatori, artisti del passato. Li ha integrati nel tessuto urbano.
A Napoli, poi, ha scelto di concentrarsi con due grandi icone della storia partenopea. Tempo fa, infatti, realizzò un ritratto di Sofia Loren, a Forcella, in vico Zuroli. Quell'opera è stata purtroppo distrutta dal passare del tempo. A Sant'Anna di Palazzo, poi, proprio accanto alla chiesa, ha realizzato un ritratto di Diego Armando Maradona, il calciatore più famoso del mondo, deceduto il 25/11/2020. Il suo volto è arricchito di alcuni particolari, come la data di nascita (1960), scritta in numeri romani, la data del primo scudetto vinto dal Napoli (1986), un cuore con il nome della moglie del calciatore, Claudia, e altre cose. 
Il murales si trova tra l'entrata della chiesa di Sant'Anna di Palazzo e un autolavaggio, al di sotto di un'edicola sacra. 
Lo street artist, inoltre, è attualmente a lavoro per realizzare un altro ritratto di Sofia Loren, non distante da quello di Maradona, come si può vedere sul suo profilo Instagram.




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La signora delle sigarette di Piazza Bellini

Non so chi abbia fatto questo murales, ma lo trovo bellissimo.
Diversamente da altri post o vignette in cui si parlava di lei, di Giannina, o Valeria, quella delle sigarette a Piazza Bellini, per intenderci, qui viene ritratta con un bel sorriso verso la vita, quello che da tanto, ormai, non le si vedeva più sul volto.
Ci sono persone che entrano nel tessuto della città, nei suoi intrecci, nel suo tufo.
Sono quelle persone che, quando le vedi, ti senti, per qualche ragione, a casa. E che, quando non ci sono più, ti provocano una sensazione di disorientamento.
"La signora delle sigarette di piazza Bellini" era una di queste persone.
Grazie per aver donato a Napoli un'altra delle sue mille sfaccettature. #heimlich

Il primo murales di Maradona nei quartieri spagnoli: la storia di un mito

Largo degli artisti, murales dedicato a Diego Armando Maradona.
Risale al 1990, anno del secondo scudetto vinto dalla squadra di calcio del Napoli. Fu eseguito, il murales, da un giovane ragazzo di 23 anni, Mario Filardi, proprio per festeggiare la vittoria. All'epoca, la street art non era molto diffusa a Napoli, e gli strumenti a disposizione erano pochi. L'illuminazione era scarsa, quindi Mario fu aiutato dai fari delle auto. La finestra che vedete, in tutte e due le immagini sul volto di Maradona non c'era ancora, e Mario riuscì a completare il suo murales. Il valore estetico non era eccellente, ma quello simbolico sì: da quel momento, tutti i napoletani avrebbero avuto un luogo di culto, dove poter ammirare l'opera dedicata a chi aveva realizzato il loro sogno, e cioè la vittoria dello scudetto, un grande riscatto per la città partenopea. 
Maradona aveva dimostrato che anche chi veniva da un ambiente umile poteva diventare un campione. Grazie a lui, Napoli era al centro del mondo. 
Era anche il sogno dello street artist Mario Filardi, probabilmente, che già da giovanissimo era andato in giro per il mondo a fare il cameriere, per non gravare sulla spesa economica della sua famiglia. Ma gli piaceva dipingere, era bravo, e quando il Napoli vinse lo scudetto, i ragazzi dei quartieri chiamarono lui, per onorare il campione. 
Mario, su una scala di fortuna, disegnò il corpo di Maradona, ma non realizzò i piedi, chissà se perché si accorse troppo tardi di aver terminato lo spazio, oppure perché voleva lasciarli all'immaginazione dei napoletani. 
Dopo qualche tempo, uno degli inquilini del palazzo decise di aprire una finestra abusiva proprio sul volto del murales di Maradona: potete immaginare il disaccordo degli abitanti del quartiere! Il destino della finestra fu quello di restare chiusa, ma intanto la sua costruzione aveva provocato dei danni al murales, e quindi dovette intervenire Salvatore Iodice, un ragazzo dei quartieri, oggi noto ai più per il laboratorio di riciclo Miniera. Salvatore disegnò nuovamente il viso del campione; anche in questo caso, un'opera di non particolare bellezza, ma almeno Maradona aveva riconquistato un volto. 
Quando, poi, nel 2017, l'artista argentino Francisco Bosoletti venne a Napoli, nei quartieri spagnoli, per realizzare la sua "Iside" proprio sull'edificio accanto al murales di Maradona, gli chiesero di rifare il volto sulla finestra. Ed ecco che, come risultato, si ottenne un'espressione più simile a quella reale.  
Dopo la morte del d10s, come viene chiamato dai napoletani, il largo degli artisti è diventato un punto di incontro ancora più importante non solo per tutti i tifosi del Napoli, ma anche per coloro che vogliono essere testimoni dell'amore che i napoletani hanno provato e provano, tutt'oggi, nei confronti di colui che è stato il miglior calciatore di tutti i tempi. 
E' proprio lì che, subito dopo la morte di Maradona, molti dei napoletani sentirono il bisogno di recarsi, è da lì che partì la fiaccolata per onorare il nostro eroe. In pochi metri quadrati è raccolto tutto l'amore, la fede calcistica, la volontà di riscatto, le emozioni della vittoria e il dolore per una delle perdite che la città non ha ancora superato. 
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Largo degli Artisti, mural dedicated to Diego Armando Maradona, dates back to 1990, the year of the second championship won by the Neapolitan football team. The mural was painted by a young 23-year-old boy, Mario Filardi, in order to celebrate the victory. At the time, street art was not very widespread in Naples, and the tools available were few. The lighting of roads was poor, so Mario was helped by the car headlights. The window you can see in both images on Maradona's face was not there yet, and Mario was able to complete his mural. The aesthetic value was not excellent, but the symbolic one, of course it was: from that moment, all Neapolitans would have had a place of worship, where they could admire the work dedicated to the hero who had realized their dream, namely the victory of the championship, a great redemption for the Neapolitan city. Maradona had shown that even those who came from a humble background could become a champion. Thanks to him, Naples was at the center of the world. It was also the dream of street artist Mario Filardi, probably, who had already gone around the world as a waiter at a very young age, so as not to burden his family's economic expenses. But he liked to paint, he was good, and when Napoli won the championship, the boys from the neighborhoods called him, to honor the champion. Mario, on a makeshift scale, drew the body of Maradona, but did not draw his feet, probably because he realized too late that there was no space available anymore to draw the mural, or because he wanted to leave them to the imagination of the Neapolitans. After some time, one of the tenants of the building decided to open an abusive window right on the face of the Maradona mural: you can imagine the disagreement of the inhabitants of the neighborhood! The fate of the window was to remain closed, but in the meantime its construction had caused damage to the mural, and therefore Salvatore Iodice, a neighborhood boy, now known to most for the recycling laboratory "Miniera", had to intervene. Salvatore drew the champion's face again; also in this case, a work of no particular beauty, but at least Maradona had regained a face. Then, in 2017, the Argentine artist Francisco Bosoletti came to Naples, in the Spanish quarters, to create his "Isis" right on the building next to the mural of Maradona, they asked him to redo the face on the window. And here, as a result, an expression more similar to the real one was obtained. After the death of the d10s, as it is called by the Neapolitans, Largo degli Artisti has become an even more important meeting point not only for all Napoli fans, but also for those who want to be witnesses of the love that the Neapolitans have felt and they still feel against the one who was the best footballer of all time. It is precisely there that, immediately after the death of Maradona, many of the Neapolitans felt the need to go, it is from there that the torchlight procession to honor our hero started. In a few square meters you will be able to find all the love, the football faith, the desire for redemption, the emotions of victory and the pain for one of the losses that the city has not yet overcome.


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Napoli ricorda il maestro Riccardo Muti con lo stencil di Federico Luvol

È di Federico Luvol, street artist di Novara, lo stencil dedicato al maestro Riccardo Muti, nel centro storico della città di Napoli .
Una dedica al direttore d'orchestra era già apparsa sullo sportello di una centralina elettrica a Ravenna. Per l'opera napoletana, Federico Luvol sceglie lo stencil e la vernice spray, gli strumenti con i quali lavora più spesso.
Grazie alla varietà dei colori utilizzati, la figura, rappresentata proprio mentre dirige l'orchestra, appare inondata di brio.
Si trova a Napoli di fronte al conservatorio di San Pietro a Majella, lì dove si studia musica.


The stencil dedicated to Riccardo Muti, in the historic center of the city of Naples, Italy, was made by Federico Luvol, a street artist from. Novara. A street art work made by him and dedicated to the famous conductor had already appeared on the door of an electrical switchboard in Ravenna. For the Neapolitan work, Federico Luvol chooses stencil and spray paint, the tools he generally works with. Thanks to the variety of colors used, the figure, represented while conducting the orchestra, appears flooded with vivacity. It is located in Naples in front of the San Pietro a Majella conservatory, where people study music.

I Re di Napoli sulla facciata del Palazzo Reale

Oggi inizia una nuova rubrica: i re di Napoli! Le statue dei re di Napoli si trovano sulla Oggi inizia una nuova rubrica: i re di Napoli! Le statue dei re di Napoli si trovano sulla facciata del Palazzo Reale, in piazza del Plebiscito, e furono sistemate lì per volontà di re Umberto I, nel 1888. Il primo re di Napoli è Ruggiero II il Normanno, e a lui, infatti, è dedicata la prima statua, opera di Emilio Franceschi. I normanni verranno inizialmente reclutati dal duca Sergio IV, nel 1027, per liberarsi dalla pressione incalzante dei longobardi. Per ricompensarli, donerà loro una terra, che i normanni chiameranno "Aversa", perché ostile, sia a Napoli che a Capua. Da Aversa si estenderanno a macchia d'olio, fino ad assediare, nel 1130, la città di Napoli. Si tratta di Ruggiero di Sicilia, che sbaraglia gli ultimi fedeli del duca Sergio VIII e nove anni dopo riceve le chiavi della città. L'anno Ruggiero il Normanno fu un re saggio, che però impose un'organizzazione unitaria del regno. Questo non permise alla classe borghese napoletana di rendersi autonoma, e alla città di Napoli di evolversi come libero comune. Durante il regno dei normanni furono costruiti Castel dell'Ovo (residenza ai tempi di Ruggiero il Normanno) e Castel Capuano (Residenza successiva, voluta da Guglielmo I il Normanno, anche per conciliare la necessità di una residenza con quella di un presidio militare). Nella prossima puntata con i re di Napoli parleremo di come il potere passò agli svevi.

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Seconda puntata della rubrica dei #ReDiNapoli Oggi parliamo degli Svevi e in particolare di Federico II di Svevia. La sua statua sulla facciata del palazzo reale di Napoli è un'opera di Emanuele Caggiano. Federico Ruggero di Hohenstaufen entra a Napoli perché discendente per parte di madre dai normanni di Altavilla. Il suo regno è caratterizzato da un governo moralizzatore, i privilegi e le libertà medievali sono soppressi. Federico verrà ostacolato più volte dalla chiesa, ed ebbe persino due scomuniche dal papa Gregorio IX, che lo definiva l'anticristo. Federico riuscì, in ogni caso, ad attuare diverse opere nel regno: a Napoli ricostruì le mura e incrementò i traffici, limitando il potere del suo rappresentante locale, il "compalazzo", al quale affianca una curia composta da cinque giudici e otto notai. Ma la sua opera più grande è sicuramente l'istituzione dello Studio Generale, nel 1224. Si tratta dell'università di Napoli, la prima università laica d'Italia, che prende il nome di Federico II. Il regno degli Svevi finirà nel 1266, con l'arrivo degli angioini . Il passaggio di potere sarà segnato da un evento tragico, che resterà per sempre nella memoria dei napoletani: la decapitazione, nel 1268, in piazza Mercato, di Corradino di Svevia, un ragazzino di soli 14 anni. Ma degli angioini parleremo nella prossima puntata della rubrica! A presto!

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Terza puntata della rubrica dedicata ai #ReDiNapoli ! La terza statua sulla facciata del palazzo reale di Napoli è dedicata a Carlo d'Angiò, ed è un'opera di Tommaso Solari. Il sovrano è rappresentato con un'espressione feroce, e in effetti il suo non era di certo un carattere docile. I napoletani , dopo la morte di Federico II di Svevia, iniziarono a mostrare segni di insofferenza nei confronti dell'impero, si ribellarono contro i governatori e Napoli divenne un libero comune sotto la protezione di Papa Innocenzo IV. La chiesa , approfittando del malcontento popolare, introdusse conventi di francescani e domenicani in città, e si servì proprio del francese Carlo d'Angiò , nel 1266, per eliminare anche le ultime tracce del potere dei ghibellini. Questo avvenne nel 1268, con la decapitazione di Corradino di Svevia in piazza Mercato. La capitale viene trasferita da Palermo a Napoli, nel periodo angioino verranno costruite tantissime chiese a Napoli, come il duomo , San Lorenzo, Sant'Eligio, Santa Chiara, San Domenico, e il rapporto dei napoletani con la religione verrà consolidato, diffondendo però nella popolazione anche bigotteria e superstizione. Scultori come Tino da Camaino e pittori come Giotto e Simone Martini verranno a Napoli a lavorare nei luoghi di culto. Fiorì anche l'edilizia civile, con la costruzione del Castel Nuovo, che divenne la nuova residenza reale degli angioini , e del Castel Sant'Elmo. Le classi medie della città tardano ad emergere. Carlo accentua la componente feudale, le esigenze dei ceti più bassi della popolazione non trovano alcun rappresentante ai piani alti. Il malcontento porterà, nel 1282, alla rivolta dei vespri in Sicilia, che anticiperà il sorgere di una nuova dominazione, quella aragonese , di cui parleremo nella prossima puntata. A Carlo d'Angiò successe Carlo II lo Zoppo, e poi Roberto d'Angiò. Questi portò a corte personalità come Francesco Petrarca, ma alla fioritura delle arti non corrispose una grande capacità governativa. Le imposte erano troppo alte, così come i costi della politica estera. Il brigantaggio, l'Inquisizione, la pestilenza del 1348 e la confusione degli anni successivi alla morte di re Roberto e legati alle due Giovanne accelerarono l'ingresso degli aragonesi in città, che avvenne nel 1442.


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Quarta puntata della rubrica sui #redinapoli !La quarta statua sulla facciata del Palazzo Reale a Napoli è dedicata al re aragonese Alfonso D'Aragona, detto "Il Magnanimo". Si tratta di un'opera di Achille D'Orsi.Come arrivò Alfonso D'Aragona a Napoli? Sul portale di Castel Nuovo, splendida opera di Pietro De Martino dai disegni di Francesco Laurana, è rappresentato l'ingresso trionfale in città di Alfonso, trasportato sul carro della vittoria. Anche nella sala dei fasti aragonesi, la seconda anticamera di Palazzo Reale, troviamo, sugli affreschi del soffitto, la stessa scena.La realtà, però, è leggermente diversa. Alfonso D'Aragona, dopo un lungo assedio alla città di Napoli, si recò da una signora che abitava nella zona "extra moenia", tale "donna Ceccarella", e le promise un vitalizio in cambio di un piccolo favore: permettergli di accedere ai sotterranei napoletani, entrando dal pozzo del giardino. Così fece, e sbucò, attraverso i cunicoli dell'acquedotto, all'interno delle mura. Il suo ingresso a Napoli, dunque, fu tutt'altro che trionfale, e più simile a quello di un topo di fogna. Durante il regno di Alfonso fiorì la politica estera, Napoli era il centro del vasto dominio mediterraneo. Si sviluppò la produzione della lana e della seta. Al contempo, arte e letteratura vissero un momento particolarmente florido. Basti pensare a personaggi quali il Panormita e Giovanni Pontano, o come il Pinturicchio e il Perugino, che lavorarono a Napoli in quest'epoca. La politica di Alfonso però fu orientata a favorire i baroni e eliminò il seggio del popolo; inoltre il sovrano era molto religioso - pensate che si vantava di aver letto la Bibbia per intero ben quaranta volte - e ricercò una devota alleanza con il pontefice romano, anche per sconfiggere angioini e turchi.Lo sfarzo e il lusso delle feste compromettevano la situazione economica del regno, e il favore di Alfonso continuava a propendere verso baroni e feudatari, ai quali egli concesse diversi favori, sentendosi ricattato dalla minaccia di ribellioni. I feudatari facevano da padroni nelle campagne, agivano con prepotenza, e questo provocava lo sdegno dei mercanti provenienti dalle altre zone d'Italia che visitavano il regno. Lo sviluppo della marina restò praticamente fermo, in epoca aragonese. Ad Alfonso il Magnanimo seguì Ferrante, che cercò di conquistare la fiducia dei napoletani con una politica tesa alla promozione culturale e urbanistica della città, pur essendo un uomo indifferente alla cultura. Ferrante si dedicò allo sviluppo dell'artigianato , chiamando a corte da tutta Italia i maggiori setaioli, orafi e cuoiai, e cinse Napoli con ventidue torri cilindriche, la bonificò e migliorò l'amministrazione della giustizia. Contro di lui, però, cospirarono i baroni, che, motivati dall'inasprimento delle imposte, si riunirono nella famosa congiura, nel 1485. Ferrante li scoprì e li fece giustiziare o li mandò in esilio in Francia l'anno seguente.Il dominio aragonese era, in quegli anni, minato dalla grandi potenze europee, che si contendevano il territorio italiano. Dopo la morte di Ferrante, la corona passò in pochi anni ad Alfonso II e poi a Ferrantino, venne poi minacciata da Carlo VIII, Re di Francia, facente parte della casata degli angioini, chiamato in aiuto in Italia da Ludovico il Moro. Scansata la minaccia francese, Ferrantino venne richiamato, e dopo di lui la corona andò ancora a Federico III, l'ultimo degli aragonesi, che provò a governare con intelligenza e cautela.Il dominio aragonese a Napoli terminerà, però, nel 1503, quando Ferdinando il Cattolico conquisterà il regno grazie a Don Consalvo de Cordoba, e Napoli verrà ridotta a una provincia periferica nell'impenso impero spagnolo.Ma di questo parleremo nella prossima puntata...

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Quinta puntata della rubrica sui #redinapoli! La quinta statua sulla facciata del palazzo reale di Napoli è dedicata a Carlo V ed è opera di Vincenzo Gemito. Carlo ereditò nel 1506 il regno di Castiglia e delle terre del Nuovo Mondo dal padre Filippo d'Asburgo il Bello,  arciduca d’Austria e signore dei Paesi Bassi. Carlo aveva solo sei anni, all'epoca, e quindi il regno verrà amministrato dal nonno materno, Ferdinando il Cattolico, fino al compimento della maggiore età.  Il 28 giugno 1519 venne eletto Sacro Romano Imperatore con il nome di Carlo V e nel 1529, dopo la battaglia di Pavia e il sacco di Roma, impose la pace di Cambrai alla Francia e quella di Barcellona al pontefice, affermando il suo dominio anche in Italia, e ricevendo, l'anno successivo, la corona ferrea di re d’Italia e la corona imperiale da Papa Clemente VII. L'impero di Carlo V comprendeva gran parte della penisola italiana: Napoli, Palermo, Cagliari, Milano, Genova, Firenze e le capitali dei ducati padani ed era basato su un'idea di pace universale, garantita dal cristianesimo. Napoli perde il ruolo di capitale e decade a quello di provincia, il governo viene affidato ai vicerè spagnoli. Il primo, e il più importante, è certamente Don Pedro da Toledo, che regnò a Napoli per ben vent'anni, dal 1532 al 1553. Don Pedro attuò un vero e proprio piano urbanistico a Napoli: costruì la strada che porta il suo nome, stanziando le truppe spagnole nel quartiere di Montecalvario, in quelli che poi furono chiamati "quartieri spagnoli". Estese la cinta muraria fino al Vomero e a Chiaia, e restaurò alcune tra le fortezze napoletane, come Castel Sant'Elmo, che assunse la forma di stella a sei punte, la stessa che vediamo oggi. A Pedro da Toledo si devono anche l'istituzione del tribunale della Vicaria, che in diciotto anni mise alla forca circa diciottomila furfanti indigeni, e quella dei Monti di Pietà (organismi formati da , che il vicerè instaura per ovviare al problema della moltitudine di usurai ebrei in città. La politica nei confronti dei baroni fu tendenzialmente severa: questi erano stati ridotti a semplici proprietari terrieri, e vivevano spesso di rendita, lontano dai feudi, dissipando il loro patrimonio tra sfarzo e lusso, ma Pedro da Toledo attuò una serie di prammatiche contro di loro, per combattere gli abusi in ambito commerciale e giuridico. Purtroppo, però, la corruzione dilagava anche tra i magistrati, e quindi le azioni punitive dei vicerè spesso non avevano effetto. Criminalità e usura si diffusero facilmente in città. La politica condotta dai vicerè era molto meno severa, inoltre, nei confronti dei propri soldati spagnoli, che instaurarono con la plebe napoletana rapporti di promiscuità, contagiandoli sia dei difetti spagnoli - come turpiloquio e superstizione - che delle malattie. Molti termini di derivazione spagnola nel dialetto napoletano risalgono proprio a questo periodo. Pullularono conventi e chiese, e nonostante il divieto - dal 1566 - di edificare al di fuori delle mura, a causa della smisurata crescita demografica, si formarono dei nuclei abitati a Mergellina, nei Vergini, a Sant'Antonio Abate, all'Avvocata e in altri borghi napoletani. Anche dopo la morte di Pedro da Toledo, in realtà, per Napoli venne un periodo tutt'altro che florido. Nel corso del Seicento fiorirono le arti, con il barocco napoletano e con la presenza di artisti come Cosimo Fanzago e Michelangelo Merisi da Caravaggio a Napoli, ma la plebe visse una situazione di prolungata miseria, aggravata anche dalle numerose epidemie di peste. GuzmánGuzmánNel 1643, per opera del vicerè Ramiro de Guzmán, che sposa la nobildonna Anna Carafa, verranno rese carrozzabili le rampe di Sant'Antonio a Posillipo, collegamento tra la collina e la città bassa, proprio dove si trovava palazzo Donn'Anna, costruito da Cosimo Fanzago per Anna Carafa. Pochi anni dopo, nel 1647, il popolo napoletano, incitato dal giovane Masaniello, si unirà in una rivolta popolare, a causa di una tassa sulla frutta, e quindi su un bene primario. Alla rivolta di Masaniello seguì la terribile peste del 1656, che, oltre a decimare la popolazione, fece nascere, a Napoli, il "culto delle capuzzelle". Il Settecento portò la fine del periodo vicereale e introdusse la dinastia borbonica, che governò fino all'unità d'Italia. Prima dell'arrivo dei Borbone a Napoli vi sarà una parentesi (dal 1707 al 1734) di dominio austriaco, poco significativo per la città. Il seguito lo scopriremo nella prossima puntata...

(Fonte: "La storia di Napoli" di Antonio Ghirelli)

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