Ricerca nel Blog
Torna al blog
La storia di Villa Paradiso all'Arenella


Villa Paradiso è una villa dell'Ottocento, che si trova alla sommità di via Pietro Castellino , un tempo via Nuova Montedonzelli, quartiere Arenella .
La villa copre una superficie di circa centomila metri quadrati e ha avuto origine da due ville preesistenti, e cioè Villa Ruffo di Scilla, a monte, e Villa Romeo, a valle.
All'interno della villa, acquistata dalla famiglia Paradiso a fine '800, si possono ancora trovare una cappella appartenuta ai Romeo e decorazioni di Apollo con le Muse e affreschi di Luca Giordano nelle sale del palazzo, nel lato a valle. Nel lato a monte, invece, troviamo un immenso cortile con un pozzo molto profondo (l'intera zona, all'epoca, utilizzava l'acqua piovana, a causa della carenza dell'acqua) e un'edicola sacra ottocentesca dedicata all'Immacolata. All'epoca c'era anche un ponticello, detto "ponte del cardinale", che menava alla Masseria Elefante, pure di proprietà dei Ruffo.
Si intravede, inoltre, una torre con una meridiana.

128749087_1049635198843782_8035496496844644250_ojpg129188644_1049635192177116_4758820341208743876_ojpg
La Chiesa di Santa Chiara e la Guglia dell'Immacolata


La chiesa di Santa Chiara fu costruita dal 1310 al 1328 per volontà di Roberto d'Angiò, Re di Napoli. All'epoca veniva spesso utilizzato il tufo giallo napoletano, per le chiese in stile gotico (basti pensare alle chiese di San Lorenzo e di San Pietro a Majella, ad esempio). L'aspetto che caratterizza oggi la chiesa di Santa Chiara non risale, però, al quattordicesimo secolo, ma a un rifacimento postbellico, che si rese necessario a causa dei bombardamenti del 1943, dai quali la chiesa venne particolarmente colpita. Una notte divampò un terribile incendio, e la maggior parte delle decorazioni di Santa Chiara vennero distrutte. Del '300 resta, tra le altre poche cose, un affresco, e lo possiamo vedere all'ingresso, sulla sinistra, accanto alla cappella dedicata a Salvo d'Acquisto. Davvero poco, se pensiamo che tutte le pareti erano affrescate (in parte, probabilmente, anche da Giotto) Altre due capelle, nonché il chiostro maiolicato e il pavimento della chiesa, risalgono invece alla metà del 1700, in epoca borbonica. I sovrani avevano infatti restaurato l'intero complesso religioso in stile barocco, ma quasi tutto venne distrutto con i bombardamenti. Le cappelle che conservano lo stile barocco, perché immuni all'incendio del 1943, sono la cappella dei Borbone, con le tombe di alcuni dei sovrani, e la cappella di San Francesco d'Assisi, sommo punto di riferimento per l'ordine dei francescani, che tutt'oggi abita il complesso. La decisione in merito al restauro postbellico fu quella di ritornare allo stile originario, quello gotico- trecentesco, lasciando in stile barocco solo ciò che era rimasto intatto dopo l'incendio del 1943.
All'esterno della chiesa è possibile godere di una panoramica sulla piazza del Gesù da una prospettiva alquanto particolare. In foto vediamo infatti la Guglia dell'Immacolata. La statua della Madonna in cima all'obelisco è stata adornata con un mazzo di fiori, portato dai vigili del fuoco il giorno 8 dicembre.

I santuari greci di Paestum e l'origine della svastica

Il busto femminile in foto è stato rinvenuto nell'area archeologica di Paestum, nella zona del santuario meridionale, e serviva come decorazione della parte terminale del tetto di un edificio del santuario di Hera (520 - 500 a.C.). Fa parte di una serie di terrecotte architettoniche e riporta delle similitudini con prodotti dell'artigianato etrusco.
La veste è bordata da larghe fasce rosse e decorata da una duplice serie di riquadri rossi e svastiche nere. E che cosa ci fanno, le svastiche, su una terracotta del VI secolo a.C.?
La svastica (dal sanscrito svastika, "oggetto di buon auspicio") nasce come portafortuna, simbolo di pace e di benessere. Secondo la cultura indiana, la svastica rappresentava il ciclo del sole se con gli uncini rivolti a destra, e la notte, se con gli uncini rivolti a sinistra. In tutte le civiltà, indipendentemente dalle specificità del culto locale, il simbolo della svastica ha sempre avuto un significato positivo; lo ritroviamo, infatti, come simbolo di buon auspicio, in molti reperti dell'antichità.
Come si è arrivati, poi, all'interpretazione data dai nazifascisti?
Tutto parte da quando, alla fine del 1800, l’archeologo Heinrich Schliemann esegue degli scavi alla ricerca della perduta città di Troia. Trova il simbolo della svastica in vari reperti e lo ricollega a quello che aveva visto in alcuni oggetti rinvenuti vicino al fiume Oder, in Germania. Associa quindi gli antenati tedeschi agli eroi greci e agli Indiani del tempo dei Veda, proprio per il simbolo in comune. Da allora la svastica diventa il simbolo della presunta superiorità della razza ariana e del nazifascismo.
 

La first lady del Museo Archeologico | La dama di Napoli

La statua di pietra (diorite) in foto si trova nella sezione egizia del Museo Archeologico Nazionale di Napoli e risale al periodo arcaico (III dinastia, 2686-2613 a.C.). Si tratta della statua più antica del MANN.

Le statue per gli Egizi assumevano una valenza molto diversa rispetto a quella contemporanea, in quanto non si limitavano a "rappresentare" il soggetto, ma "erano" il soggetto stesso. Si utilizzavano spesso come corredo del defunto. Ovviamente si parla di soggetti di alto rango, quali funzionari, faraoni, regine, scribi... di certo non si facevano statue per i contadini o per gli schiavi.

Inizialmente, a causa della lunga gonna e della parrucca, si pensò che quella in foto fosse la statua di una donna, e infatti fu denominata "la Dama di Napoli", ma poi sì capì che proveniva dalla tomba di un uomo, un dignitario di cui non conosciamo il nome.

La tomba del tuffatore al Museo Archeologico di Paestum

La tomba del tuffatore è una tomba greca arcaica, risalente al 470 a.C., composta da lastre laterali, sulle quali sono raffigurate scene di simposio, e una lastra che serviva da "coperchio", con la celebre scena del tuffo. Fu scoperta nel 1968 da Mario Napoli in una piccola necropoli a sud di Paestum. Si tratta dell'unica tomba greca arcaica dipinta con scene figurate finora documentata a Paestum.

Le scene delle lastre laterali rappresentano il momento finale del simposio, quando i partecipanti si abbandonano ai piaceri del vino e dei sensi, e giocano al "kottabos", che consisteva nel lanciare con abilità una goccia di vino su un'altra coppa.

La scena centrale, invece, riporta il tuffo di un uomo, il cui status non è ancora ben definito, probabilmente si tratta di un personaggio non integrato nel corpo civico della città.

Il tuffo è in realtà un tuffo metaforico e rappresenta il passaggio dell'essere umano nel mondo dell'aldilà. Alcuni studiosi lo hanno collegato al mondo del simposio e all'abbandono in una diversa dimensione della conoscenza tramite il vino, la musica e l'eros.

La scena della lastra principale è incorniciata in una decorazione che riporta agli angoli alcune palmette, molto frequenti nelle tombe della zona.

La tomba del tuffatore si trova nel Museo di Paestum, di fronte agli scavi archeologici.

120190511_10223538004254689_8352753569393317069_njpg120190849_10223538004534696_2208532031827893159_njpg120243887_10223538003734676_5638748518186084911_njpg120260187_10223538003974682_2254700257550764495_njpg
Ricerca nel Blog
Torna al blog
La storia di Villa Paradiso all'Arenella

Villa Paradiso è una villa dell'Ottocento che si trova nel quartiere Arenella, a Napoli. La sua storia nasce a partire dall'unione di due ville preesistenti, Villa Romeo e Villa Ruffo di Scilla.

Continua...
Torna al blog
La storia di Villa Paradiso all'Arenella


Villa Paradiso è una villa dell'Ottocento, che si trova alla sommità di via Pietro Castellino , un tempo via Nuova Montedonzelli, quartiere Arenella .
La villa copre una superficie di circa centomila metri quadrati e ha avuto origine da due ville preesistenti, e cioè Villa Ruffo di Scilla, a monte, e Villa Romeo, a valle.
All'interno della villa, acquistata dalla famiglia Paradiso a fine '800, si possono ancora trovare una cappella appartenuta ai Romeo e decorazioni di Apollo con le Muse e affreschi di Luca Giordano nelle sale del palazzo, nel lato a valle. Nel lato a monte, invece, troviamo un immenso cortile con un pozzo molto profondo (l'intera zona, all'epoca, utilizzava l'acqua piovana, a causa della carenza dell'acqua) e un'edicola sacra ottocentesca dedicata all'Immacolata. All'epoca c'era anche un ponticello, detto "ponte del cardinale", che menava alla Masseria Elefante, pure di proprietà dei Ruffo.
Si intravede, inoltre, una torre con una meridiana.

128749087_1049635198843782_8035496496844644250_ojpg129188644_1049635192177116_4758820341208743876_ojpg
La Chiesa di Santa Chiara e la Guglia dell'Immacolata


La chiesa di Santa Chiara fu costruita dal 1310 al 1328 per volontà di Roberto d'Angiò, Re di Napoli. All'epoca veniva spesso utilizzato il tufo giallo napoletano, per le chiese in stile gotico (basti pensare alle chiese di San Lorenzo e di San Pietro a Majella, ad esempio). L'aspetto che caratterizza oggi la chiesa di Santa Chiara non risale, però, al quattordicesimo secolo, ma a un rifacimento postbellico, che si rese necessario a causa dei bombardamenti del 1943, dai quali la chiesa venne particolarmente colpita. Una notte divampò un terribile incendio, e la maggior parte delle decorazioni di Santa Chiara vennero distrutte. Del '300 resta, tra le altre poche cose, un affresco, e lo possiamo vedere all'ingresso, sulla sinistra, accanto alla cappella dedicata a Salvo d'Acquisto. Davvero poco, se pensiamo che tutte le pareti erano affrescate (in parte, probabilmente, anche da Giotto) Altre due capelle, nonché il chiostro maiolicato e il pavimento della chiesa, risalgono invece alla metà del 1700, in epoca borbonica. I sovrani avevano infatti restaurato l'intero complesso religioso in stile barocco, ma quasi tutto venne distrutto con i bombardamenti. Le cappelle che conservano lo stile barocco, perché immuni all'incendio del 1943, sono la cappella dei Borbone, con le tombe di alcuni dei sovrani, e la cappella di San Francesco d'Assisi, sommo punto di riferimento per l'ordine dei francescani, che tutt'oggi abita il complesso. La decisione in merito al restauro postbellico fu quella di ritornare allo stile originario, quello gotico- trecentesco, lasciando in stile barocco solo ciò che era rimasto intatto dopo l'incendio del 1943.
All'esterno della chiesa è possibile godere di una panoramica sulla piazza del Gesù da una prospettiva alquanto particolare. In foto vediamo infatti la Guglia dell'Immacolata. La statua della Madonna in cima all'obelisco è stata adornata con un mazzo di fiori, portato dai vigili del fuoco il giorno 8 dicembre.

I santuari greci di Paestum e l'origine della svastica

Il busto femminile in foto è stato rinvenuto nell'area archeologica di Paestum, nella zona del santuario meridionale, e serviva come decorazione della parte terminale del tetto di un edificio del santuario di Hera (520 - 500 a.C.). Fa parte di una serie di terrecotte architettoniche e riporta delle similitudini con prodotti dell'artigianato etrusco.
La veste è bordata da larghe fasce rosse e decorata da una duplice serie di riquadri rossi e svastiche nere. E che cosa ci fanno, le svastiche, su una terracotta del VI secolo a.C.?
La svastica (dal sanscrito svastika, "oggetto di buon auspicio") nasce come portafortuna, simbolo di pace e di benessere. Secondo la cultura indiana, la svastica rappresentava il ciclo del sole se con gli uncini rivolti a destra, e la notte, se con gli uncini rivolti a sinistra. In tutte le civiltà, indipendentemente dalle specificità del culto locale, il simbolo della svastica ha sempre avuto un significato positivo; lo ritroviamo, infatti, come simbolo di buon auspicio, in molti reperti dell'antichità.
Come si è arrivati, poi, all'interpretazione data dai nazifascisti?
Tutto parte da quando, alla fine del 1800, l’archeologo Heinrich Schliemann esegue degli scavi alla ricerca della perduta città di Troia. Trova il simbolo della svastica in vari reperti e lo ricollega a quello che aveva visto in alcuni oggetti rinvenuti vicino al fiume Oder, in Germania. Associa quindi gli antenati tedeschi agli eroi greci e agli Indiani del tempo dei Veda, proprio per il simbolo in comune. Da allora la svastica diventa il simbolo della presunta superiorità della razza ariana e del nazifascismo.
 

La first lady del Museo Archeologico | La dama di Napoli

La statua di pietra (diorite) in foto si trova nella sezione egizia del Museo Archeologico Nazionale di Napoli e risale al periodo arcaico (III dinastia, 2686-2613 a.C.). Si tratta della statua più antica del MANN.

Le statue per gli Egizi assumevano una valenza molto diversa rispetto a quella contemporanea, in quanto non si limitavano a "rappresentare" il soggetto, ma "erano" il soggetto stesso. Si utilizzavano spesso come corredo del defunto. Ovviamente si parla di soggetti di alto rango, quali funzionari, faraoni, regine, scribi... di certo non si facevano statue per i contadini o per gli schiavi.

Inizialmente, a causa della lunga gonna e della parrucca, si pensò che quella in foto fosse la statua di una donna, e infatti fu denominata "la Dama di Napoli", ma poi sì capì che proveniva dalla tomba di un uomo, un dignitario di cui non conosciamo il nome.

La tomba del tuffatore al Museo Archeologico di Paestum

La tomba del tuffatore è una tomba greca arcaica, risalente al 470 a.C., composta da lastre laterali, sulle quali sono raffigurate scene di simposio, e una lastra che serviva da "coperchio", con la celebre scena del tuffo. Fu scoperta nel 1968 da Mario Napoli in una piccola necropoli a sud di Paestum. Si tratta dell'unica tomba greca arcaica dipinta con scene figurate finora documentata a Paestum.

Le scene delle lastre laterali rappresentano il momento finale del simposio, quando i partecipanti si abbandonano ai piaceri del vino e dei sensi, e giocano al "kottabos", che consisteva nel lanciare con abilità una goccia di vino su un'altra coppa.

La scena centrale, invece, riporta il tuffo di un uomo, il cui status non è ancora ben definito, probabilmente si tratta di un personaggio non integrato nel corpo civico della città.

Il tuffo è in realtà un tuffo metaforico e rappresenta il passaggio dell'essere umano nel mondo dell'aldilà. Alcuni studiosi lo hanno collegato al mondo del simposio e all'abbandono in una diversa dimensione della conoscenza tramite il vino, la musica e l'eros.

La scena della lastra principale è incorniciata in una decorazione che riporta agli angoli alcune palmette, molto frequenti nelle tombe della zona.

La tomba del tuffatore si trova nel Museo di Paestum, di fronte agli scavi archeologici.

120190511_10223538004254689_8352753569393317069_njpg120190849_10223538004534696_2208532031827893159_njpg120243887_10223538003734676_5638748518186084911_njpg120260187_10223538003974682_2254700257550764495_njpg
Torna al blog
La storia di Villa Paradiso all'Arenella

Villa Paradiso è una villa dell'Ottocento che si trova nel quartiere Arenella, a Napoli. La sua storia nasce a partire dall'unione di due ville preesistenti, Villa Romeo e Villa Ruffo di Scilla.

Continua...