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I santuari greci di Paestum e l'origine della svastica

Il busto femminile in foto è stato rinvenuto nell'area archeologica di Paestum, nella zona del santuario meridionale, e serviva come decorazione della parte terminale del tetto di un edificio del santuario di Hera (520 - 500 a.C.). Fa parte di una serie di terrecotte architettoniche e riporta delle similitudini con prodotti dell'artigianato etrusco.
La veste è bordata da larghe fasce rosse e decorata da una duplice serie di riquadri rossi e svastiche nere. E che cosa ci fanno, le svastiche, su una terracotta del VI secolo a.C.?
La svastica (dal sanscrito svastika, "oggetto di buon auspicio") nasce come portafortuna, simbolo di pace e di benessere. Secondo la cultura indiana, la svastica rappresentava il ciclo del sole se con gli uncini rivolti a destra, e la notte, se con gli uncini rivolti a sinistra. In tutte le civiltà, indipendentemente dalle specificità del culto locale, il simbolo della svastica ha sempre avuto un significato positivo; lo ritroviamo, infatti, come simbolo di buon auspicio, in molti reperti dell'antichità.
Come si è arrivati, poi, all'interpretazione data dai nazifascisti?
Tutto parte da quando, alla fine del 1800, l’archeologo Heinrich Schliemann esegue degli scavi alla ricerca della perduta città di Troia. Trova il simbolo della svastica in vari reperti e lo ricollega a quello che aveva visto in alcuni oggetti rinvenuti vicino al fiume Oder, in Germania. Associa quindi gli antenati tedeschi agli eroi greci e agli Indiani del tempo dei Veda, proprio per il simbolo in comune. Da allora la svastica diventa il simbolo della presunta superiorità della razza ariana e del nazifascismo.
 

La tomba del tuffatore al Museo Archeologico di Paestum

La tomba del tuffatore è una tomba greca arcaica, risalente al 470 a.C., composta da lastre laterali, sulle quali sono raffigurate scene di simposio, e una lastra che serviva da "coperchio", con la celebre scena del tuffo. Fu scoperta nel 1968 da Mario Napoli in una piccola necropoli a sud di Paestum. Si tratta dell'unica tomba greca arcaica dipinta con scene figurate finora documentata a Paestum.

Le scene delle lastre laterali rappresentano il momento finale del simposio, quando i partecipanti si abbandonano ai piaceri del vino e dei sensi, e giocano al "kottabos", che consisteva nel lanciare con abilità una goccia di vino su un'altra coppa.

La scena centrale, invece, riporta il tuffo di un uomo, il cui status non è ancora ben definito, probabilmente si tratta di un personaggio non integrato nel corpo civico della città.

Il tuffo è in realtà un tuffo metaforico e rappresenta il passaggio dell'essere umano nel mondo dell'aldilà. Alcuni studiosi lo hanno collegato al mondo del simposio e all'abbandono in una diversa dimensione della conoscenza tramite il vino, la musica e l'eros.

La scena della lastra principale è incorniciata in una decorazione che riporta agli angoli alcune palmette, molto frequenti nelle tombe della zona.

La tomba del tuffatore si trova nel Museo di Paestum, di fronte agli scavi archeologici.

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L'heroon di Paestum | Il monumento al fondatore della città

Di Paestum tutti noi conosciamo, senza dubbio, i templi greci. Ma negli scavi c'è molto di più: case, macellum, comitium, anfiteatro, un tempio romano e molte altre strutture, che spesso suscitano anche qualche problema di interpretazione. Questo qui in foto è un cenotafio, un monumento eretto all'eroe fondatore della città. Ad un acheo, dunque, proveniente dalla colonia greca di Sibari, in Calabria, che aveva fondato intorno al 600 a.C. la città di Poseidonia, dedicata al Dio del mare. Il monumento funebre, scoperto da Sestieri nel 1954, fu trovato con all'interno alcune idrie, cioè dei vasi - tutti di bronzo, tranne uno in terracotta, decorato con la rappresentazione dell'apoteosi di Ercole che arriva a cavallo sull'Olimpo - che contenevano del miele. Oggi sia i vasi che il miele sono conservati all'interno del museo.
Come si può vedere in foto, l'heroon ha un doppio tetto: uno fu costruito inizialmente, in epoca greca, con i blocchi di calcare. Successivamente, quando la città fu conquistata dai romani e divenne Paestum (da "Paiston", nome che le era stato associato in epoca lucana, nel V secolo a.C.), decisero di costruire un altro tetto, fatto di tegole, e di recintarlo. Non lo distrussero, come avevano invece fatto con altre costruzioni greche. Lo rispettarono.
L'Heroon dimostra la convivenza, in epoca romana, delle culture precedenti.
D'altronde, sappiamo bene che i romani seppero, soprattutto dai Greci, copiare molto bene, basti pensare ai teatri, alle scritture, e così via. Non si tratta, però, di una semplice imitazione, bensì di una emulazione, che tiene ben conto del contesto in cui è inserita.

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I santuari greci di Paestum e l'origine della svastica

Il busto femminile in foto è stato rinvenuto nell'area archeologica di Paestum, nella zona del santuario meridionale, e serviva come decorazione della parte terminale del tetto di un edificio del santuario di Hera (520 - 500 a.C.). Fa parte di una serie di terrecotte architettoniche e riporta delle similitudini con prodotti dell'artigianato etrusco.
La veste è bordata da larghe fasce rosse e decorata da una duplice serie di riquadri rossi e svastiche nere. E che cosa ci fanno, le svastiche, su una terracotta del VI secolo a.C.?
La svastica (dal sanscrito svastika, "oggetto di buon auspicio") nasce come portafortuna, simbolo di pace e di benessere. Secondo la cultura indiana, la svastica rappresentava il ciclo del sole se con gli uncini rivolti a destra, e la notte, se con gli uncini rivolti a sinistra. In tutte le civiltà, indipendentemente dalle specificità del culto locale, il simbolo della svastica ha sempre avuto un significato positivo; lo ritroviamo, infatti, come simbolo di buon auspicio, in molti reperti dell'antichità.
Come si è arrivati, poi, all'interpretazione data dai nazifascisti?
Tutto parte da quando, alla fine del 1800, l’archeologo Heinrich Schliemann esegue degli scavi alla ricerca della perduta città di Troia. Trova il simbolo della svastica in vari reperti e lo ricollega a quello che aveva visto in alcuni oggetti rinvenuti vicino al fiume Oder, in Germania. Associa quindi gli antenati tedeschi agli eroi greci e agli Indiani del tempo dei Veda, proprio per il simbolo in comune. Da allora la svastica diventa il simbolo della presunta superiorità della razza ariana e del nazifascismo.
 

La tomba del tuffatore al Museo Archeologico di Paestum

La tomba del tuffatore è una tomba greca arcaica, risalente al 470 a.C., composta da lastre laterali, sulle quali sono raffigurate scene di simposio, e una lastra che serviva da "coperchio", con la celebre scena del tuffo. Fu scoperta nel 1968 da Mario Napoli in una piccola necropoli a sud di Paestum. Si tratta dell'unica tomba greca arcaica dipinta con scene figurate finora documentata a Paestum.

Le scene delle lastre laterali rappresentano il momento finale del simposio, quando i partecipanti si abbandonano ai piaceri del vino e dei sensi, e giocano al "kottabos", che consisteva nel lanciare con abilità una goccia di vino su un'altra coppa.

La scena centrale, invece, riporta il tuffo di un uomo, il cui status non è ancora ben definito, probabilmente si tratta di un personaggio non integrato nel corpo civico della città.

Il tuffo è in realtà un tuffo metaforico e rappresenta il passaggio dell'essere umano nel mondo dell'aldilà. Alcuni studiosi lo hanno collegato al mondo del simposio e all'abbandono in una diversa dimensione della conoscenza tramite il vino, la musica e l'eros.

La scena della lastra principale è incorniciata in una decorazione che riporta agli angoli alcune palmette, molto frequenti nelle tombe della zona.

La tomba del tuffatore si trova nel Museo di Paestum, di fronte agli scavi archeologici.

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L'heroon di Paestum | Il monumento al fondatore della città

Di Paestum tutti noi conosciamo, senza dubbio, i templi greci. Ma negli scavi c'è molto di più: case, macellum, comitium, anfiteatro, un tempio romano e molte altre strutture, che spesso suscitano anche qualche problema di interpretazione. Questo qui in foto è un cenotafio, un monumento eretto all'eroe fondatore della città. Ad un acheo, dunque, proveniente dalla colonia greca di Sibari, in Calabria, che aveva fondato intorno al 600 a.C. la città di Poseidonia, dedicata al Dio del mare. Il monumento funebre, scoperto da Sestieri nel 1954, fu trovato con all'interno alcune idrie, cioè dei vasi - tutti di bronzo, tranne uno in terracotta, decorato con la rappresentazione dell'apoteosi di Ercole che arriva a cavallo sull'Olimpo - che contenevano del miele. Oggi sia i vasi che il miele sono conservati all'interno del museo.
Come si può vedere in foto, l'heroon ha un doppio tetto: uno fu costruito inizialmente, in epoca greca, con i blocchi di calcare. Successivamente, quando la città fu conquistata dai romani e divenne Paestum (da "Paiston", nome che le era stato associato in epoca lucana, nel V secolo a.C.), decisero di costruire un altro tetto, fatto di tegole, e di recintarlo. Non lo distrussero, come avevano invece fatto con altre costruzioni greche. Lo rispettarono.
L'Heroon dimostra la convivenza, in epoca romana, delle culture precedenti.
D'altronde, sappiamo bene che i romani seppero, soprattutto dai Greci, copiare molto bene, basti pensare ai teatri, alle scritture, e così via. Non si tratta, però, di una semplice imitazione, bensì di una emulazione, che tiene ben conto del contesto in cui è inserita.

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