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Apice vecchia - il paese fantasma sospeso negli anni '60

Apice vecchia si trova in provincia di Benevento, su una collina, a 225 metri d'altezza, nelle vicinanze dei fiumi Ufita, Miscano e Calore.

È definito, al pari di altri borghi disabitati, "paese fantasma", sospeso nel tempo agli anni '60, prima del terremoto che ne ha causato lo spopolamento.

Il paesino, infatti, fu evacuato completamente dopo il terremoto del 1980, ma la maggior parte della popolazione, in verità (circa 6500 persone) si erano trasferiti sulla collina di fronte (l'attuale Apice nuova) già in seguito al terremoto del 1962, che aveva causato 17 vittime. Lì il sindaco dell'epoca, Luigi Bocchino, aveva voluto ricostruire la sua Apice.

Era rimasto un solo abitante, intervistato, poi, da riviste e televisioni italiane e straniere, che nel 2012 -2013 continuava a tenere la sua attività proprio ad Apice vecchia, nel paese fantasma. Si tratta di Tommaso Conza, un barbiere, dal quale i residenti del paesino, che pure si erano trasferiti, continuavano a recarsi per il taglio dei capelli, due chiacchiere e per un tuffo nel passato.

Il tempo è fermo agli anni '60, in quel di Apice, non ci sono insegne luminose, né discoteche o lounge bar. Ci troviamo, in compenso, i resti di alcuni castelli, che si ergevano a protezione della zona. Di tutti il più famoso e conservato meglio è il Castello dell'Ettore, per il quale è attualmente in corso un progetto di restauro.

Altri siti di interesse storico sono la Chiesa di Santa Maria Assunta e San Bartolomeo e il Convento di San Nicola: entrambi risalgono al XVI secolo.

Troviamo, ancora, alcuni palazzi di inizio novecento, come Palazzo Cantelmo, Palazzo Perrillo e Palazzo Falcetti.

Ma qual è l'origine di Apice? Pare che il primo insediamento risalga all'epoca romana, al I sec. d.C., e che il suo nome derivi da Marco Apicio, che donò dei possedimenti, nella zona, ai legionari romani, vincitori dell campagne di guerra contro le popolazioni sannitiche. Altre fonti mettono il nome della città in relazione con l’antico popolo degli Iapigi, popolazione indoeuropea stanziatasi tra il II e il I millennio a.C nell’odierna Puglia. Indipendentemente dall'etimologia, però, la presenza di insediamenti in epoca romana ad Apice è accertata dai ritrovamenti di monete, tombe, colonne, e soprattutto del Ponte Rotto, che faceva parte della via Appia, la regina viarum che collegava Roma a Brindisi.

L'attività principale ad Apice vecchia era l'agricoltura, in particolare di viti, ulivi e ortaggi. L'origine contadina del luogo si evinceva anche nello suo stemma, caratterizzato, inizialmente, dalle colline sovrastate da spighe di grano, in ricordo del fatto che all'inizio del sedicesimo secolo, quando lo stemma fu assegnato alla città da Ferdinando II d'Aragona, Apice aveva alleviato la miseria napoletana proprio grazie alla produzione di grano. Oggi le fiammelle hanno sostituito le spighe di grano nello stemma, e l'immagine è accompagnata da un flusso d'acqua, il fiume Calore.

Attualmente le visite e gli eventi sono limitati dalle norme anti-contagio, ma nel periodo precedente alla pandemia si sono svolti mercatini di Natale ed eventi nel Castello dell'Ettore. 

All'interno delle case nel centro storico di Apice vecchia sono ancora visibili gli arredi e gli oggetti lasciati lì dagli abitanti prima di andare via.

Un breve racconto di Apice vecchia lo potete anche ascoltare nel mio intervento a Radio Punto Nuovo a questo link


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Apice vecchia si trova in provincia di Benevento, su una collina, a 225 metri d'altezza, nelle vicinanze dei fiumi Ufita, Miscano e Calore.

È definito, al pari di altri borghi disabitati, "paese fantasma", sospeso nel tempo agli anni '60, prima del terremoto che ne ha causato lo spopolamento.

Il paesino, infatti, fu evacuato completamente dopo il terremoto del 1980, ma la maggior parte della popolazione, in verità (circa 6500 persone) si erano trasferiti sulla collina di fronte (l'attuale Apice nuova) già in seguito al terremoto del 1962, che aveva causato 17 vittime. Lì il sindaco dell'epoca, Luigi Bocchino, aveva voluto ricostruire la sua Apice.

Era rimasto un solo abitante, intervistato, poi, da riviste e televisioni italiane e straniere, che nel 2012 -2013 continuava a tenere la sua attività proprio ad Apice vecchia, nel paese fantasma. Si tratta di Tommaso Conza, un barbiere, dal quale i residenti del paesino, che pure si erano trasferiti, continuavano a recarsi per il taglio dei capelli, due chiacchiere e per un tuffo nel passato.

Il tempo è fermo agli anni '60, in quel di Apice, non ci sono insegne luminose, né discoteche o lounge bar. Ci troviamo, in compenso, i resti di alcuni castelli, che si ergevano a protezione della zona. Di tutti il più famoso e conservato meglio è il Castello dell'Ettore, per il quale è attualmente in corso un progetto di restauro.

Altri siti di interesse storico sono la Chiesa di Santa Maria Assunta e San Bartolomeo e il Convento di San Nicola: entrambi risalgono al XVI secolo.

Troviamo, ancora, alcuni palazzi di inizio novecento, come Palazzo Cantelmo, Palazzo Perrillo e Palazzo Falcetti.

Ma qual è l'origine di Apice? Pare che il primo insediamento risalga all'epoca romana, al I sec. d.C., e che il suo nome derivi da Marco Apicio, che donò dei possedimenti, nella zona, ai legionari romani, vincitori dell campagne di guerra contro le popolazioni sannitiche. Altre fonti mettono il nome della città in relazione con l’antico popolo degli Iapigi, popolazione indoeuropea stanziatasi tra il II e il I millennio a.C nell’odierna Puglia. Indipendentemente dall'etimologia, però, la presenza di insediamenti in epoca romana ad Apice è accertata dai ritrovamenti di monete, tombe, colonne, e soprattutto del Ponte Rotto, che faceva parte della via Appia, la regina viarum che collegava Roma a Brindisi.

L'attività principale ad Apice vecchia era l'agricoltura, in particolare di viti, ulivi e ortaggi. L'origine contadina del luogo si evinceva anche nello suo stemma, caratterizzato, inizialmente, dalle colline sovrastate da spighe di grano, in ricordo del fatto che all'inizio del sedicesimo secolo, quando lo stemma fu assegnato alla città da Ferdinando II d'Aragona, Apice aveva alleviato la miseria napoletana proprio grazie alla produzione di grano. Oggi le fiammelle hanno sostituito le spighe di grano nello stemma, e l'immagine è accompagnata da un flusso d'acqua, il fiume Calore.

Attualmente le visite e gli eventi sono limitati dalle norme anti-contagio, ma nel periodo precedente alla pandemia si sono svolti mercatini di Natale ed eventi nel Castello dell'Ettore. 

All'interno delle case nel centro storico di Apice vecchia sono ancora visibili gli arredi e gli oggetti lasciati lì dagli abitanti prima di andare via.

Un breve racconto di Apice vecchia lo potete anche ascoltare nel mio intervento a Radio Punto Nuovo a questo link


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